Al di là della polemica politica, il filosofo Maurizio Ferraris solleva (su La Stampa del 17 aprile scorso) una questione sulla quale è utile riflettere. Punto di partenza è il "manifesto" dell’area Le Agorà, espressione di un gruppo interno ed esterno al Pd, con una posizione di sinistra, si è detto. Il gruppo ha promosso un'iniziativa di dibattito qualche giorno fa, formulando proposte e giudizi sulle vicende politiche degli ultimi mesi.  In particolare, l’attenzione di Ferraris si concentra su un’affermazione che è nel documento-base, proposto da Goffredo Bettini e da altri. Il governo Conte - è scritto - «non è caduto per i suoi errori o ritardi (che pure ci sono stati), ma per una convergenza di interessi nazionali e internazionali che non lo ritenevano sufficientemente disponibile ad assecondarli». Era quindi per quegli interessi «inaffidabile».  
La tesi può essere contestata nel merito, ma ridurla ad una caricatura inquina e rende più difficile il confronto. Essa non ha nulla a che fare con le teorie complottiste evocate dall’intervistatore: quelle rivolte contro i vaccini, contro le mascherine, contro la “dittatura sanitaria”. Non si parla, nel manifesto, di trame occulte, ma di interessi. Non vi è alcun riferimento alla figura suggestiva e generica dei “poteri forti”. I sostenitori di Berlusconi, come ricorda Ferraris, ritennero che fosse un «colpo di Stato» la formazione del governo Monti. Qui il discorso è ben diverso. Siamo di fronte ad una interpretazione di parte, ma che mette in luce alcuni aspetti ben visibili della realtà.  
Vi sono esempi emblematici di orientamenti ostili al governo Conte, durante l’ultimo anno, che  possono spiegare quel giudizio. Ricordo le dure prese di posizione del vertice di Confindustria. Era il 30 maggio 2020, intervista di Carlo Bonomi a Repubblica: «Questa politica rischia di fare più danni del Covid». Parole che denotano una pesante aggressività, unite all’attacco frontale al reddito di cittadinanza e alle politiche dell’esecutivo. Il 25 ottobre 2020, ancora su Repubblica, Bonomi rivolto al governo: «Faccio fatica a capire la direzione». Il 3 dicembre 2020 su Il Sole 24 ore: Confindustria chiede (perentoriamente) una discussione sulle scelte del Recovery Plan. Osservo che tuttora non vi è traccia di questa discussione, i tempi sono sempre più stretti, ma adesso non si sentono proteste. Ancora, il 14 gennaio 2021 all’agenzia Agi: «L’esecutivo non ha mai dato risposte»; «è un errore non prendere il Mes» (ma con Draghi il Mes è stato dimenticato da Confindustria). E si potrebbe andare avanti.
Le dichiarazioni esprimono l’orientamento di gruppi sociali e di interessi rilevanti, che si sono mossi in senso sfavorevole al governo Conte e che ora sembrano appagati.  
Veniamo agli interessi internazionali. Qui ancora di più bisogna guardarsi dalle dietrologie. Ma voglio ricordare in proposito un’ampia intervista al politologo statunitense Joseph La Palombara (in Formiche del  1 febbraio 2021). Studioso serio, conoscitore del nostro paese e soprattutto della politica statunitense, La Palombara muove da una constatazione, che è simile a quella di Ferraris: la politica americana non si occupa molto dell’Italia. Tuttavia è evidente, secondo l’intervistato, che un governo Conte-ter non avrebbe il gradimento di Washington, come non sarebbe visto di buon occhio un governo di destra. La soluzione c'è: «Un’opzione diversa da queste - conclude il politologo - potrebbe essere un incarico a Paolo Gentiloni. O ancora di più a una persona con un forte legame europeo come Mario Draghi».       
Sulla base di questi esempi (ma sono solo alcuni tra gli altri), l’interpretazione di Bettini e del documento che ho citato mi sembra del tutto legittima. Per contestarla e respingerla non c’è bisogno di  deformarla.  Forse si può dire che quell’interpretazione sia fuori dalla corrente dominante e «intempestiva» rispetto al coro di elogi che ha accompagnato finora il nuovo governo. Ma talvolta uscire dal coro è utile alla dialettica democratica. 
         

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