Il declino di Roma non nasce in questi ultimi anni. Ma soprattutto non è un destino. Roma può essere governata e lo è stata. In alcune stagioni ha anche rappresentato un modello di innovazione sociale e politica. 

Per battere il suo declino non basterà la riforma istituzionale che pure è necessaria e urgente affinché i suoi municipi, grandi come le grandi città italiane, abbiano risorse e poteri per l’azione amministrativa di prossimità. Cioè per rispondere in modo efficace alle esigenze primarie delle persone nella loro vita quotidiana. Ne’ basterà una legge, pure indispensabile, che attribuisca a Roma quello Status speciale di Capitale come avviene negli altri paesi. 
Ciò che serve, soprattutto dopo la mortificazione dell’amministrazione Raggi, è una svolta e cioè una nuova idea di Roma e una nuova classe dirigente di donne e uomini capace di interpretarla. Questa è la sfida vera per la coalizione romana del centro sinistra, che è iniziata con le primarie e sta proseguendo con la costruzione partecipata dell’idea di futuro della città. 

Che cosa vuol dire oggi, dunque, parlare del futuro di Roma? In primo luogo, ora come sempre vuol dire parlare del futuro dell’Italia. In secondo luogo, più che mai oggi, vuol dire parlare di innovazione produttiva e di innovazione sociale. La disponibilità delle risorse del Pnrr sugli assi della transizione ecologica e digitale e delle infrastrutture sociali costituisce un’occasione irripetibile per realizzare entrambe. Così come il prossimo giubileo del 2025. 

I vecchi motori dello sviluppo produttivo si erano inceppati ben prima della pandemia. La Roma prima del Covid-19 era una città segnata da forti diseguaglianze e differenze di reddito tra centro e periferie, luoghi di  concentrazione della povertà giovanile e infantile. Che il Covid-19 ha amplificato. 

La svolta si potrà fare se si manderanno in soffitta i luoghi comuni su Roma che, come tutti i luoghi comuni, mescolano verità e pigrizia nel leggere i cambiamenti. Il primo luogo comune è l’ingovernabilità della città per la sua complessità e per quell’indole dei romani, quella sorta di disincanto che influenza negativamente, secondo questo punto di vista, il loro comportamento civico. Ma la storia dice che Roma può essere governata e lo è stata e, difronte alle nuove complessità, servirà la riforma del sistema di governo di cui si diceva. E una nuova ambizione. 

Il secondo luogo comune, intrecciato al primo, è quello di Roma come città del pubblico impiego e della burocrazia. Al netto della semplificazione con cui questi termini vengono utilizzati, Roma è in realtà la prima tra le città italiane per numero di università e centri di ricerca. È la seconda per numero di start up. Produce il 33 per cento dei laureati in medicina, è la prima città 
nel settore farmaceutico, è un’eccellenza nel settore delle telecomunicazioni e dell’aerospazio. È la sede dei centri decisionali delle più grandi imprese pubbliche come Ferrovie e Cassa depositi e prestiti. Roma può essere uno straordinario polo di formazione, innovazione e conoscenza e anche per questo è molto importante la realizzazione del Roma technopole, annunciata in questi giorni. 
La città dei 15 minuti è in estrema sintesi la visione del futuro, la svolta credibile per Roma oltre i luoghi comuni, perché rappresenta un’idea contemporanea di sviluppo urbano, opposta alla progettazione di città divise rigidamente in quartieri in cui si dorme, in quartieri in cui si consuma, in quartieri  in cui si lavora. D’altra parte sono state le diverse forme del lavoro e della produzione che hanno determinato la fisionomia delle città. 

La città dei 15 minuti è appunto una visione, un’idea moderna di città green e sostenibile, consentita dalla rivoluzione digitale applicata ai processi produttivi e al lavoro. Una visione spinta dalla nuova consapevolezza dei limiti del modello produttivo pre-Covid.

Tutte le grandi città europee si stanno muovendo verso una struttura urbana di città policentrica e sostenibile. Non più centri congestionati e periferie dormitori, ma tanti luoghi da vivere, con servizi e corridoi verdi.  La “città dei 15 minuti”, quella in cui ogni persona in quel tempo può raggiungere a piedi o in bicicletta ciò che serve è, dunque, insieme visione, direzione di marcia e metro di misura delle scelte. E bisognerà realizzarla in ogni municipio. 

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