Caro direttore,

la conferenza stampa di fine anno ha suscitato un interessante dibattito sulle sue modalità di svolgimento. Non mi sottraggo quindi alla vostra richiesta di una valutazione sulla sua organizzazione, anche in virtù degli stimolanti interventi che avete ospitato.

Voglio solo ricordare che si tratta di un evento che, nel suo genere, è un po’ come il Festival di Sanremo: molti lo criticano, ma tutti lo guardano. Qualcuno vorrebbe cambiarlo, ma poi occorrono i vigili urbani per dirigere il traffico tra giornalisti accreditati, oltre 150, e ospiti, oltre cinquanta, il cui numero sarebbe stato molto più alto se non ci fosse stato il doppio rinvio (dal 23 al 28 dicembre e poi al 4 gennaio). A qualche collega la formula non piace, ma poi coloro che vengono esclusi sulla base del sorteggio non sempre la prendono, diciamo così, in maniera sportiva.

Quest’anno si è svolta una delle edizioni più lunghe (oltre tre ore) e anche una delle più seguite. Senza contare il fatto che, a una settimana di distanza, i temi della conferenza continuano a essere al centro del dibattito politico. Ovviamente, sui dati di ascolto hanno influito anche i due rinvii dovuti alla indisposizione della presidente Giorgia Meloni che ha impedito sue esternazioni in presenza per diversi giorni e il fatto che diversi casi scottanti si sono aggiunti a ridosso dell'evento.

Il confronto è stato lungo, ma occorre tenere presente che rientra nella tradizione di questo appuntamento che risale ai tempi in cui a palazzo Chigi governava Giulio Andreotti. Voglio anche ricordare che si tratta di una conferenza stampa sui generis. Normalmente, questi incontri sono decisi e indetti dal protagonista, che stabilisce le regole di ingaggio. In questo caso, invece, il protagonista deve accettare che a stabilire le regole siano altri, ossia l’Ordine nazionale dei giornalisti e l’Associazione stampa parlamentare che organizzano l’evento.

Si tratta anche dell’unica conferenza stampa a cui partecipano numerosi invitati non giornalisti, e questo spiega anche il fatto che talvolta ci siano degli applausi. L'organizzazione della conferenza stampa di fine anno è molto impegnativa. Tutte le testate vorrebbero porre una domanda, anche perché l’evento si svolge in diretta televisiva e su numerosi canali streaming e social, a partire da quelli della presidenza del Consiglio e delle grandi testate giornalistiche. Per la sua realizzazione occorre molta pazienza e anche un po’ di fermezza, perché le regole devono valere per tutti, senza eccezioni.

Il sorteggio viene temperato suddividendo le testate in gruppi in modo che ci sia un equilibrio tra informazione televisiva, informazione cartacea, agenzie e siti internet. Quest’anno c’è stata la possibilità di porre alla presidente ben quarantadue domande e, nonostante ciò, qualche importante testata dell’informazione professionale è rimasta esclusa. È ovvio che per consentire un numero così elevato di domande e risposte si è dovuto, come negli anni precedenti, sollecitare i colleghi ad avanzare una sola domanda secca e, soprattutto, sintetica.

Alcuni interventi, e la stessa vostra richiesta di commento, hanno posto il tema della replica da parte del giornalista alla risposta della presidente. Per quanto riguarda l’Ordine posso solo confermare quanto già detto in precedenza: siamo disponibili a discutere e a ragionare con tutti. Mi sembra chiaro, però, che vi sono alcuni punti fermi da tener presente. Innanzitutto, il tempo: tre ore sono il limite massimo, e non si può pensare di allungare ulteriormente la durata della conferenza stampa.

Se si vuole introdurre la replica del giornalista, seguita dalla controreplica del presidente del Consiglio di turno, bisogna essere consapevoli che ciò determinerà una drastica riduzione del numero delle domande. Tutti devono essere consapevoli che il filo conduttore è e resta l’interesse dei cittadini.

Insomma, riflettiamo e discutiamo serenamente. L’Ordine dei giornalisti, così come l’Associazione stampa parlamentare sono disponibili al confronto, ma cerchiamo di tenere aperte le porte dell’informazione professionale, non di richiuderle.

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