«Viva gli Alpini, più forti di tutto e di tutti!». Così ha scritto Matteo Salvini commentando le inquietanti testimonianze di centinaia di ragazze sull’accaduto all'adunata nazionale dell’Associazione Nazionale Alpini che si è svolta nel fine settimana a Rimini e San Marino.

Così, senza un ulteriore commento, una spiegazione, un approfondimento quantomeno necessari, visto che le accuse erano di molestie e abusi subiti dai militari presenti. Un messaggio chiaro, come a dire “che esagerazione” o “che lagna”, «che bugiarde” e “che saranno mai un paio di molestie!».

A leggere i numerosi commenti dei suoi follower, la minimizzazione dell’accaduto ha funzionato. Ecco qualche perla dalla sua bacheca: «Povere cretine penose acide e tristi. A Genova durante il raduno ne ho incontrati a centinaia. Simpatici educati e rispettosissimi. Siete delle povere frustrate squallide!».

«Ad ogni raduno che mio marito ha fatto al ritorno m’ha sempre detto dello schifo di donne che c’erano... nel senso che certe donne aspettano il raduno x rimorchiare e essere importanti.. nessuna lamentela a raduno finito».  

«Andando avanti di questo passo le donne si faranno i complimenti da sole...non ci sarà più un uomo che le guardi.. povero mondo di lgbt e gay e lesbiche!!!».  «Vogliono sputtanare anche gli alpini…commenti sinistri pidioti!».

«Sono vecchio ma non capisco alcune donne che vogliono tutti gli uomini gay. Io ero sabato a Rimini, alcuni alle 10 erano già alticci e facevano battute sulle donne ma non erano offensive e nessuna delle signore nel bus ha protestato! Buona 93esima adunata!».

Commenti dello stesso tenore si trovano in coda a tutti gli articoli che riportano le testimonianze di molestie e abusi subiti, testimonianze dettagliate, orribili e riferite all’ultima adunata ma anche ad adunate lontane nel tempo, ad episodi accaduti perfino più di 30 anni fa, eppure terribilmente simili ai fatti di Rimini e San Marino.

Soltanto a Rimini? No

A quanto pare, infatti, nelle diverse città in cui si è svolto l’evento negli anni si sono registrati puntualmente episodi di molestie fisiche e verbali quali catcalling, palpeggiamenti, insulti sessisti, inseguimenti, proposte oscene, richieste di sesso a pagamento, accerchiamenti e perfino vere e proprie violenze, oltre che incuria e mancanza di senso civico nei confronti delle città ospitanti.

Patrizia mi ha raccontato: «Nel 2011 a Torino fui letteralmente caricata su una camionetta, sono partiti e hanno iniziato a leccarmi la schiena, neppure gli animali. Dopo qualche centinaio di metri, dopo che mi sono messa ad urlare, mi hanno fatta scendere. Era il 2011, il mio ragazzo rimasto a terra era senza parole».

Cristiano: «Era il 2018, a Trento. Fu molestata mia moglie, mi diedero del terrone perché la difendevo. Scrissi una mail all’associazione alpini». E poi: «Abito a Rimini, ho visto tutto. Sono stata molestata già dal venerdì, col mio ragazzo eravamo sconvolti dall’atteggiamento predatorio che avevano con le ragazze. Una mia amica è stata palpata, i nostri fidanzati ci chiedevano di stargli vicino».

«Era il 1999, a Cremona. Avevo 14 anni, salii su un carretto con mia madre e mia sorella e un alpino mi mise la mano sotto al sedere, non me lo scordo».

«Era il 2009 a Latina, mia figlia aveva 15 anni e tornò a casa turbata perché un alpino l’aveva invitata ad andare in tenda con lui dicendo “Vieni dentro, ti mando via felice”». «A Milano gli alpini mi hanno alzato la gonna, un’umiliazione». «A Brescia più di 20 anni fa gli alpini mi saltarono sopra la jeep, ero terrorizzata. Mimavano oscenità ai finestrini. Avevo 20 anni».

«Nel maggio 2019 ero a Milano con mia figlia di 5 mesi nel marsupio, due alpini ubriachi mi tirano per un braccio, fanno commenti sul fare la poppata…Erano le 11 del mattino in pieno centro».

«A Bergamo lavoravo in un bar, durante l’adunata alpini anziani mi hanno perfino offerto soldi per fare sesso, un’altra sera ero con delle amiche nella Panda e un gruppo di alpini ci ha circondate, facevano ondeggiare la vettura. Non ti dico il terrore che abbiamo provato». «Molestarono una mia amichetta, aveva 13 anni».

Potrei andare avanti ancora molto, perché i messaggi che sono arrivati sulle mie pagine social sono tantissimi e perfettamente in linea con quelli postati in questi giorni dal collettivo Non una di meno, ma allargano il problema e rendono evidente un tema: il raduno degli alpini è sempre stato questo. O meglio, anche questo.

Tutto è lecito agli alpini?

Anche dieci, venti, trent’anni fa orde di uomini in branco, in divisa, convinti di poter contare sull’impunità hanno approfittato della gita fuori porta per intimorire, assalire, molestare donne, comprese ragazze minorenni e donne incinte.

E lo hanno fatto convinti che mai nessuno avrebbe presentato il conto, perché alla fine gli alpini sono eroi, chi mai metterebbe in dubbio il loro valore?

Chi mai si lamenterebbe per una mano sul sedere o per una città lasciata come una latrina, se il colpevole è l’eroe con la piuma in testa?

Ma, soprattutto, l’hanno fatto sapendo che anche in caso di qualche guaio, c’è sempre un superiore pronto a confondere la verità.

La lettera del presidente dell’Ana (Associazione nazionale alpini) Sebastiano Favero spiega bene la situazione: afferma che non vi è stata alcuna denuncia, che quando si concentrano in un luogo migliaia di persone «è quasi fisiologico che si possano verificare episodi di maleducazione, che alcuni comprano cappelli da alpino alle bancarelle e si fingono tali».

Insomma, siccome le ragazze non hanno sporto denuncia non è vero, le molestie sono fisiologiche e comunque una mano sul culo è maleducazione, ma soprattuto è pieno di gente che ama travestirsi da alpino, tipo cosplayer. 

La logica della divisa

Una cosa vera, però, la dice: quell’abitudine alle molestie, nel branco, è ancora fisiologica, purtroppo. Il presidente pensa di fare un’affermazione che attenui il problema e invece accende esattamente la luce sul problema. Che è il ritenere normale, goliardico, cameratesco quel clima predatorio.

Un clima in cui le divise giocano il loro ruolo preciso, perché di fronte a una divisa ci si sente pure in una posizione di sudditanza e la vergogna, la paura, l’umiliazione sono pure doppie. E se tutto questo è legittimo, se tutto questo va bene perché sono solo degli uomini in divisa un po’ alticci che fanno apprezzamenti o allungano una mano, che vuoi che sia, se tutto questo vale perché accade in un giorno di festa, mi domando cosa si sia pronti a legittimare in guerra, vista l’attualità del tema.

E no, non sono affatto discorsi distanti, perché la cultura dello stupro ha radici larghe e profonde, in cui il branco, l’appartenenza a un gruppo, la minimizzazione  o addirittura normalizzazione di questi comportamenti, l’idea che tutto questo sia accettabile e che il problema siano le donne troppo lagnose, troppo femministe, troppo fighe di legno sono esattamente gli elementi che la compongono e la alimentano.

Non a caso, dopo l ‘evviva gli alpini di Matteo Salvini, si sono espressi anche i parlamentari del dipartimento Difesa di Lega Salvini premier, Roberto Paolo Ferrari, Massimo Candura e Stefano Corti: «All’evento erano presenti oltre venti parlamentari della Lega e non ci sono giunte nemmeno lontanamente segnalazioni di questo tipo. Nemmeno una. Detto questo, è evidente che eventuali comportamenti di violenza e molestia, se ci sono stati, vanno condannati e puniti severamente, ma vanno denunciati nelle sedi opportune. Tutto questo non può in alcun modo gettare un’ombra  sul corpo degli alpini. Guai a chi tocca gli alpini. Ancor più se chi lo fa è da ascrivere a quella sub-cultura di sinistra che ha cercato sin da subito di sabotare l’Istituzione di una giornata dedicata alle Penne nere». Capito?

Nessuno ha palpeggiato ragazze in presenza di politici, da non crederci. Nessuna ha denunciato chi nella folla le urlava quale pratica sessuale le avrebbe riservato. Nessuno ha messo una mano sul culo alle ragazze. E se qualcuna, per caso, ha sentito chiaramente una mano sul culo, s’è confusa: non era una mano sinistra. Era una certa subcultura di sinistra. Viva gli alpini!

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