Il governo di Giorgia Meloni mostra sempre più la sua anima corporativa, volta a dividere il paese secondo lo schema degli interessi specifici delle singole categorie. Una scelta che cozza con l’esigenza di affrontare problemi attuali, come l’ambiente, la salute pubblica, la sicurezza, le migrazioni, l’ordine internazionale e tutti quei fenomeni che travalicano gli interessi specifici e necessitano di una visione globale e super partes.

L’ultimo esempio della visione corporativa è la delega fiscale che, al di là del merito di ogni singola soluzione, si caratterizza per la scelta di attribuire un regime fiscale diverso per ogni categoria di reddito, come ha sottolineato di recente Giuseppe Pisauro su questo giornale.

È così che abbiamo la flat tax per i lavoratori autonomi, un’imposta progressiva per i lavoratori dipendenti e per i pensionati con la promessa di arrivare anche per loro a una flat tax presumibilmente diversa da quella degli autonomi, un’imposta specifica per i possessori di immobili, un’altra per i redditi finanziari, un sistema di concordato fiscale con predeterminazione dell’imposta da pagare per le piccole e medie aziende, un’imposta soggetta ad agevolazioni (se si aumenta l’occupazione e/o se si acquistano nuovi macchinari) per i redditi delle società ed enti sottoposti all’Ires.

Divisi per corporazioni

Poi si annuncia la fine prossima dell’Irap ma cominciando a eliminarla per i professionisti, l’introduzione di un’Iva zero per alcuni prodotti (pane, pasta, latte), nonché uno sfoltimento delle deduzioni e detrazioni fiscali alle quali, comunque, è riservato il compito di realizzare una qualche progressività che verrà così gestita dalle categorie di interessi che presidiano singole spese delle famiglie (sanità, trasporti, cultura, sport, ecc.).

Per tutte le categorie di reddito si annunciano riduzioni delle imposte e questo non poteva che determinare un generale plauso delle diverse categorie, a parte i sindacati dei lavoratori che sono (giustamente) preoccupati delle inevitabili riduzioni delle entrate fiscali a cui finirebbero per corrispondere riduzioni, altrettanto inevitabili, nelle spese per i servizi essenziali come l’istruzione, la sanità e quant’altro.

Oltre al fatto di non gradire la preferenza fiscale a favore dei lavoratori autonomi rispetto ai lavoratori dipendenti. Al di là delle singole soluzioni previste che hanno una loro coerenza e che portano anche a semplificazioni utili, la delega fiscale fa una scelta precisa di avviare dialoghi separatamente con ogni categoria a cui concedere più o meno vantaggi.

Una scelta che divide il paese e che lo spinge a organizzarsi per corporazioni al fine di ottenere ascolto ai propri interessi. A sua volta, la ricerca del consenso delle corporazioni diviene sempre più uno strumento della politica per cercare vantaggi elettorali, a scapito dell’interesse generale che presupporrebbe una visione unitaria del paese e il superamento degli interessi particolari.

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