La destra continua un gioco delle parti che non inganna nessuno. Se dissentono su qualcosa, poi si ritrovano uniti sugli altri punti. Forza Italia, sulla cui reale collocazione si focalizzano molti interrogativi, gioca le sue carte di partito-cerniera facendo credere di essere diventato una formazione moderata, pro-europea e affidabile. Silvio Berlusconi è un maestro nei giochi di specchi. Il leader di Forza Italia ha preso atto che la sua risorsa maggiore - il controllo di buona parte dell’informazione televisiva con supporti di carta stampata – si sta esaurendo perché i social stanno scalzando l’efficacia dell’audiovisuale. In più il suo impero mediatico è minacciato dall’interno dalla sfida portata dal magnate francese Vincent Bolloré. Per queste ragioni Berlusconi ha abbassato, e fatto abbassare, i toni tanto che  il direttore del suo Giornale, Alessandro Sallusti, sembra aver fatto una full immersion nel miele. Nonostante ciò, Forza Italia continua a definirsi parte del “centro-destra”, non si presenta come alfiere di un nuovo schieramento. Forse aspetta che Matteo Renzi gli tenda una mano, o una ennesima trappola. In realtà, la storia politica di Berlusconi e il suo stesso elettorato collocano Forza Italia a destra, con gli alleati storici leghisti e post-missini. I sostenitori del Cavaliere non hanno quasi nulla in comune con quelli dell’ex maggioranza di governo: piuttosto, palpitano per Giorgia Meloni e Matteo Salvini.

Cosa contrappone a questo agguerrito tridente la sinistra?  Nulla di paragonabile per grinta e coesione.  La Caporetto del governo Conte è stata appena rabberciata dal nuovo comandante piddino, Enrico Letta. Ma il morale è basso e la truppe ancora disperse. La caduta del governo ha interrotto il lavoro di “educazione politica” che il Pd stava pazientemente conducendo nei confronti dei Cinque stelle. Piano piano stava smantellando le incrostazioni antipolitiche, destrorse o semplicemente implausibili dei pentastellati per portarli su un terreno politico-ideale compatibile se non comune.

Il processo non poteva essere che lungo e certamente la compartecipazione al governo lo favoriva. L’evoluzione dl 5stelle ora è a rischio. Dopo l’autoaffondamento di Beppe Grillo per le note vicende personali, la strada di Giuseppe Conte per arrivare alla guida del partito è ancora indefinita. E se i Cinque stelle sono allo sbando, nel Pd continua la guerriglia dei nostalgici di Renzi pronti a sparare sul quartiere generale ad ogni occasione (si veda l’appoggio esplicito alla candidata di Italia Viva nelle primarie per il sindaco di Bologna).

In queste condizioni il centro-sinistra non regge il confronto. Avrebbe bisogno di mettere ordine ciascuno nel proprio interno, di identificare alcuni temi comuni e mobilitanti per consolidare l’alleanza, e di definire una strategia d’attacco per spingere Salvini sempre più ai margini del governo – e possibilmente fuori – al fine di intitolarsi con maggior credito la ripresa dei prossimi mesi. Vaste programme, avrebbe detto il generale De Gaulle.

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