In una democrazia il sistema elettorale è paragonabile per importanza al sistema cardiocircolatorio del corpo umano. Eppure la scrittura delle leggi elettorali nel nostro paese è considerata materia per specialisti, gli unici che ne conoscono il reale funzionamento nei minimi particolari.

Anche quest’anno si sono così sprecati commenti e battute sul “flipper” e la casualità nell’individuazione degli eletti, con osservazioni critiche spesso originate da una scarsa conoscenza della logica e dalle formule adottate per trasformare i voti in seggi.

Al fondo, infatti, l’obiettivo di una legge elettorale è molto semplice ed è proprio questo: come trasformare i voti espresso in seggi.

La legge elettorale vigente, approvata nel 2017, è come noto il cosiddetto Rosatellum. Nelle elezioni dello scorso 25 settembre ha avuto la sua seconda applicazione, dopo quella delle politiche 2018.

Il Rosatellum 

Nonostante le apparenze, il Rosatellum appartiene alla famiglia dei sistemi proporzionali con correttivi per aumentare la stabilità delle maggioranze di governo, perché assegna i 2/3 dei seggi con la formula proporzionale (con una soglia di sbarramento al 3 per cento) e il restante terzo di seggi in collegi uninominali dove vince chi prende un voto in più.

Una prima valutazione sul funzionamento del sistema elettorale vigente riguarda il livello di disproporzionalità, ovvero quale premio di maggioranza implicito si è prodotto, anche in relazione ai paletti indicati dalla Corte Costituzionale sul tema.

Nelle elezioni del 2022 alla Camera la coalizione di centro-destra ha ottenuto il 43,79 per cento dei voti validi che si sono trasformati nel mix quota proporzionale-collegi in 235 seggi pari al 60,10 per cento del totale (391 seggi, escludendo l’eletto in Valle d’Aosta e gli 8 deputati esteri). Il premio di maggioranza è stato quindi del 16,31 per cento.

Discorso opposto, vale per le tre opposizioni con il centrosinistra che a fronte del 26,13 per cento di voti ottiene 80 seggi pari al 20,46 per cento con una rilevante perdita di rappresentanza del 5,67 per cento; il Movimento Cinque stelle, invece, registra un calo del 2,39 per cento (15,43 per cento di voti e 13,04 per cento in seggi) e l’alleanza Azione-Italia Viva (7,79 per cento di consensi e 5,37 per cento dei deputati con - 2,42 per cento).

Al Senato (189 seggi, escludendo gli eletti in Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta e i 4 senatori eletti all’Estero) vi sono lievi differenze: centrodestra (voti 44,02 per cento; seggi 59,26 per cento con un premio del 15,24 per cento); centro sinistra (voti 25,99 per cento; seggi 20,63 per cento con - 5,36 per cento); Movimento Cinque stelle (voti 15,55 per cento; seggi 14,81 per cento con - 0,73 per cento) e Azione-Italia Viva (voti 7.73 per cento e seggi 4,76 per cento con - 2,79 per cento).  

Rispetto alla prima applicazione nelle politiche 2018 si osserva un’accentuazione del peso del premio di maggioranza implicito che quattro anni fa aveva moderatamente premiato alla Camera il centrodestra (+5,4 per cento) e il Movimento 5 Stelle (+3,8 per cento) e penalizzato il centrosinistra alleato con l’ Svp (-4,4 per cento) e Liberi e Uguali che con il 3,39 per cento di voti si vide assegnare il 2,27 per cento dei seggi (meno 1,2 per cento).

Al Senato ci fu un andamento analogo: centrodestra (+ 6,48 per cento), M5s (+ 3,93 per cento), centrosinistra (-4,76 per cento) e Leu (3,2 per cento di voti e solo 4 senatori, pari all’1,30 per cento).

E col Porcellum?

E’ interessante, inoltre, simulare l’assegnazione dei seggi se fosse stato in vigore il cosiddetto Porcellum, il sistema elettorale con cui si votò nel 2013 e che prevedeva per la prima coalizione (o lista singola) un premio di maggioranza fino a un massimo del 55 per cento dei seggi totali.

Con il Porcellum il centrodestra alla Camera avrebbe ottenuto 215 seggi invece dei 235 assegnati con il Rosatellum, con uno scarto negativo di 20 deputati, mentre le opposizioni si sarebbero spartite i rimanenti 176 seggi: centrosinistra 93 (+ 13 seggi rispetto agli attuali); Movimento Cinque stelle 55 (+ 4 seggi) e Azione-Italia Viva 28 (+7 seggi).

In definitiva, nella sua seconda applicazione il premio di maggioranza prodotto dai collegi maggioritari ha dato risultati più efficaci ai fini della stabilità, anche se il 16 per cento di disproporzionalità appare eccessivo e suggerirebbe quindi di rivedere il rapporto tra la quota proporzionale e quella maggioritaria, a vantaggio della prima in modo da non superare, in ogni caso, il tetto del 15 per cento.

La crescita senza precedenti dell’astensionismo rappresenta, inoltre, un campanello d’allarme che imporrebbe un intervento normativo per aumentare la capacità di scelta degli eletti da parte degli elettori.

Sotto questo punto di vista, infatti, il Rosatellum va in direzione contraria a quello di cui ci sarebbe assoluto bisogno: ridurre il fossato che oggi divide gli elettori dai loro rappresentanti in parlamento.

Per tornare alla metafora del corpo umano, l’attuale sistema elettorale presenta problemi gravi di ostruzioni nell’ossigenazione e nella circolazione del sangue alle varie parti del corpo a causa di una  compressione della rappresentanza territoriale con intere province senza parlamentari di entrambi i maggiori schieramenti e di quella politica, con regioni, al Senato, in cui partiti di media grandezza non hanno eletto alcun senatore.

I primi giorni della nuova legislatura hanno poi dimostrato, caso mai ci fossero ancora dubbi a riguardo, come le alleanze tra i partiti siano legate a mere convenienze dettate dalla legge elettorale

Se ognuno gioca per sé e non in squadra, tanto vale allora optare per la formula proporzionale, meno truffaldina rispetto alle alleanze di comodo.

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