Il 23 marzo 2020, nel pieno divampare di una pandemia che avrebbe causato enormi sofferenze per il mondo intero, il segretario generale dell’Onu António Guterres, invocava il cessate il fuoco globale. Contro un nemico comune, che attacca tutti indiscriminatamente, era necessario proteggere i più vulnerabili, compresi gli sfollati e i rifugiati, che avrebbero pagato il prezzo più alto e rischiato ulteriori sofferenze e perdite. «La furia del virus – affermò perentorio il segretario generale – sottolinea la follia della guerra».

Un cessate il fuoco globale era indispensabile per creare corridoi umanitari che permettessero di salvare vite, per aprire spazi alla diplomazia e per dare speranza alle aree del mondo più instabili. Ma purtroppo i conflitti non si sono fermati davanti al virus. I leader mondiali non hanno intensificato quegli sforzi necessari a facilitare la pace, la stabilità e la cooperazione. Le popolazioni civili, inclusi i più vulnerabili, donne e bambini, disabili, anziani, hanno continuato a fuggire, senza avere alternative, alimentando una tendenza alla crescita del numero di persone costrette ad abbandonare le proprie case che non accenna a diminuire da quasi dieci anni.

Oggi, nel mondo, sono oltre 82 milioni le persone che sono state costrette ad abbandonare tutto per cercare protezione da violenza e persecuzione: oltre 20 milioni di rifugiati, 48 milioni di sfollati interni, in fuga all’interno del proprio paese, oltre 4 milioni di richiedenti asilo. La popolazione delle persone in fuga è ampia e rappresenta l’1 per cento dell’umanità. Se questi 82 milioni di persone formassero una nazione, sarebbe il diciottesimo paese al mondo per numero di abitanti subito dopo la Germania.

Cinque paesi

Oggi i due terzi dei rifugiati nel mondo fuggono dai conflitti e dalle violenze di soli 5 Paesi: la Siria, il Venezuela, l’Afghanistan, il Sud Sudan e il Myanmar, mentre milioni di persone sono state costrette alla fuga all'interno dei loro stessi Paesi. Alimentato soprattutto dalle crisi in Etiopia, in Sudan, nella regione del Sahel, in Mozambico, Yemen, Afghanistan e Colombia, il numero di sfollati interni è in aumento di oltre 2 milioni rispetto all’anno precedente. I bambini costituiscono oltre il 40 per cento di tutte le persone in fuga dalla violenza: sono i più vulnerabili ed esposti al rischio di abusi, soprattutto quando le condizioni di precarietà a cui sono costretti durano per anni.

Chi è costretto a fuggire per mettersi in salvo porta con sé un bagaglio di sofferenze, ma anche di forza, coraggio e di voglia di tornare a essere membri attivi delle comunità ospitanti. E sono i Paesi vicini alle aree di crisi e quelli a basso e medio reddito che ospitano la stragrande maggioranza dei rifugiati, l’86 per cento del loro numero totale.

Un’emergenza che non finisce

L’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati viene costituita nel 1950. Avrebbe dovuto svolgere le sue funzioni per soli tre anni, considerato il tempo necessario per dare assistenza alle persone in fuga dalle devastazioni della Seconda Guerra Mondiale. Alla fine del 2020, l’Unhcr ha raggiunto i 70 anni di esistenza. Non è un anniversario da celebrare ma certamente siamo fieri e orgogliosi del nostro lavoro all'interno delle Nazioni Unite. 

Continuiamo a servire i rifugiati, gli sfollati, i richiedenti asilo e gli apolidi in tutto il mondo fornendo assistenza umanitaria, impegnandoci a trovare per loro soluzioni durevoli, lavorando in stretta collaborazione con gli Stati affinché vengano garantiti loro diritti e protezione. Allo stesso tempo esercitiamo continue pressioni affinché quei Paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati ricevano maggiore sostegno dalla comunità internazionale.

Ma questi interventi non bastano per invertire la tendenza alla crescita del numero di persone costrette alla fuga. Le soluzioni stentano a causa di ostacoli costanti e di diversa natura: il numero di rifugiati e di sfollati che hanno potuto far ritorno nelle proprie case è calato rispettivamente del 40 e del 21 per cento nel 2020. I conflitti si protraggono e troppo raramente le condizioni permettono il rientro in sicurezza. La pandemia ha avuto inoltre un impatto negativo sulla disponibilità di posti messi a disposizione dagli Stati per il reinsediamento dei rifugiati sui loro territori, che ha raggiunto il livello più basso nel corso degli ultimi 20 anni.

Le cause che stanno alla radice dei movimenti forzati di popolazioni vanno affrontate con decisione dai leader mondiali, che devono impegnarsi maggiormente per risolvere i conflitti e per garantire il rispetto dei diritti umani. Solo una politica che riporti equilibrio, misure concrete di prevenzione, pacificazione, inclusione e sviluppo, potrà permettere a un numero sempre maggiore di rifugiati e sfollati di trovare soluzioni rispetto a quante persone ancora non hanno alternativa alla fuga forzata.

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