Ok, mettiamo che per non so quale motivo il parco al centro della città l’avessero intitolato a Francesco Baracca, l’asso dell’aviazione nella Prima guerra mondiale, medaglia d’oro al valor militare. Tu proponi di cambiare la targa per valorizzare qualche radice locale. Bon, al massimo se la sarebbero legata al dito sindaco e cittadini di Lugo in Romagna dove, volendo, i turisti di passaggio possono ammirare la replica funzionante del biplano pilotato dall’eroe. Oppure mettiamo che il parco avesse per nome Nazario Sauro, patriota e irredentista italiano, impiccato a Pola, insignito anch’egli di medaglia alla memoria e omaggiato da D’Annunzio.

Uno dice, vabbè ci sta. Nel senso che per la distanza di tempo e le biografie di entrambi l’idea di consacrare proprio a quei due il parco di Latina sarebbe parsa quanto meno una pensata originale e a quel punto anche le polemiche sul cambio di designazione avrebbero al più trovato eco sulla gazzetta locale se non del quartiere. Ma vedi il destino, il parco a venticinque anni esatti dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio è stato dedicato ai magistrati che della lotta alla mafia, loro malgrado, sono divenuti il simbolo raffigurato in quella sequenza che li vede seduti uno di fianco all’altro, sorridenti forse per una battuta del più anziano di un anno al collega e amico. Parco Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: così si chiama lo spicchio di verde nel cuore di Latina. Il che dovrebbe bastare a esentare chiunque dal riconsiderare la scelta, tanto più in un contesto ben descritto su questo giornale da Federico Marconi dove i legami tra cosche, clan, voti di scambio, zone controllate dalla criminalità non fanno parte della letteratura, ma sono cronaca ordinaria, giudiziaria, politica.

E qui la sorpresa. Il piccolo colpo di scena che spiazza la previsione perché a uno, almeno uno, l’idea di smontare l’insegna per sostituirla con un’altra gli viene in mente e non se la tiene per sé. È il leghista Claudio Durigon, sottosegretario all’Economia nel governo Draghi, anche se ovviamente in tutta la faccenda l’esecutivo non ci entra.

Durigon è uomo forte, radicato nel territorio, astro nascente un tempo, oramai nato e cresciuto, dentro il firmamento salviniano. Il 4 agosto in una manifestazione del partito prende parola e la butta lì: il parco torni alle sue (intendendo “nostre” radici), massimo rispetto per i due giudici, ma la proposta è ristabilire la denominazione di prima, parco Mussolini, inteso come Arnaldo, fratello minore del duce. Bum. È chiaro che scoppia un casino. Insomma te lo puoi pure attendere no! Mica serviva un consulente d’immagine o uno storico per avvisarti che stavi per farti del male. E non occorre spiegare il perché. Invece a me resta il dubbio su come possa capitare in pieno 2021 che un pezzo della destra senta di osare tanto. Cioè posso sbagliare, ma venti, dieci o anche pochi anni fa ci avrebbero pensato non una, cento volte, prima di arrischiare un capitombolo simile.

Se oggi lo fanno, a microfono acceso e in favore di platea, è anche perché l’asticella di una parte, nel caso la mia, si è pericolosamente abbassata e la reazione che si sarebbe prodotta un tempo neppure lontano appare così sbiadita da ravvivare una destra certa di potersi spingere lì dove ieri e ieri l’altro non avrebbe avuto il coraggio di arrivare. Detto ciò non credo che il parco Falcone e Borsellino di Latina cambierà nome. Non credo neppure che il sottosegretario Durigon cambierà idea, ma al fondo questo è un problema degli altri. Il problema nostro è che se spegni troppo a lungo la luce e ti adagi sulla sedia limitandoti a osservare il paesaggio può succedere che i fantasmi, fossero pure in versione toponomastica, volteggino già al centro della piazza.

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