La composizione finale del governo Draghi, con le nomine dei sottosegretari, e alcun piccoli ma significativi elementi indicano che il suo baricentro si è inclinato verso destra.

Più che un governo di “rinascita nazionale” assistiamo al ritorno dei guastatori, di chi ci aveva portato sull’orlo del disastro finanziario nel 2011 - berlusconiani e leghisti - e di chi ci aveva allontanato dall’Europa, Matteo Salvini nel governo gialloverde. Poi, vi sono presenze imbarazzanti in un governo “di alto profilo”.

Affidare all’avvocato di Silvio Berlusconi il ruolo di sottosegretario alla Giustizia e a un altro fedelissimo quello dell’Editoria, riproponendo per l’ennesima volta il conflitto di interessi, dice molto dell’influenza dell’ex Cavaliere.

Lo stesso vale sul  coté  leghista, dove è stato riportato al ministero dell’Interno, su espressa volontà del leader leghista per «controllare» il ministro Lamorgese, il sottosegretario che aveva redatto i decreti anti immigrazione; e al Beni Culturali è riapparsa chi si vantava di non leggere un libro da anni, assenteista record al consiglio comunale di Bologna. A questo quadro vanno aggiunti altri tasselli di un rapporto privilegiato con i leghisti. In primo luogo, un irrituale incontro tra Salvini e Draghi lo scorso martedì. Non è stato comunicato un giro di incontri con tutti i segretari di partito. Perché solo lui, allora?

In secondo luogo, la postura da vice-premier che il numero due del Carroccio, Giancarlo Giorgetti, con il suo attivismo, ,sta assumendo. Non solo ha ottenuto il ministero più importante di quelli riservati ai politici, lo Sviluppo Economico, l’unico dove ci siano delle risorse distribuire (e ciò suscita qualche perplessità vista la disinvoltura con cui i leghisti trattano le questioni finanziarie); ma anche la sua collocazione alla destra del presidente del Consiglio in Senato e la confidenza manifestata in quell’occasione tra i due, suggerisce una “intesa cordiale”.

Di fronte a Pd e a 5 stelle ancora tramortiti per il naufragio del governo Conte e in preda a convulsioni interne, berlusconiani e leghisti si muovono con il passo dei vincitori. La politica ha già ripreso il suo posto. E ha i colori verde e azzurro.

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