Dopo le violenze in Campidoglio, l’America è oggi divisa due volte. La “dissacrazione del tempio della democrazia americana” lascia il marchio dell’eversione sulle ultime settimane di Donald Trump. Malgrado ogni maquillage e manipolazione, il presidente uscente si è rivelato per quello che è sempre stato: un istrionico falsario, per nulla interessato alla nazione ma pronto a tutto pur di imporsi. Il solo principio che Trump ha sempre seguito è vincere ad ogni costo.

Era cosa nota. Lo sapevano e lo sanno anche i leader e gli elettori repubblicani. Tuttavia i primi hanno pensato di poterlo usare come un ariete ai loro scopi; i secondi lo hanno tollerato –come accade anche altrove- e gli hanno perdonato molto in nome dell’odio per l’altra parte.

Questo è il problema: si sopporta un presidente bugiardo e destabilizzante perché la rottura con l’altra parte è troppo profonda. Si accetta chiunque purché sconfigga gli altri. Ma la democrazia non è mai “contro”.

Nella notte della conferma della vittoria di Joe Biden, dopo che la seduta era ripresa, il senatore repubblicano James Lankford dell’Oklahoma ha detto: «In quest’aula ci onoriamo a vicenda anche quando non siamo d’accordo». Dalle due parti è stato un susseguirsi di discorsi gravi, basati sulla sacralità della democrazia.

Ma la verità è che in questi due decenni il corpo politico del paese (senatori, membri del congresso e rappresentanti degli Stati), si è lasciato andare troppe volte a poco onorevoli diatribe. La tradizione della bi-partisanship è stata abbandonata da lustri e le assemblee sono state spesso teatri di delegittimazione reciproca. La spaccatura tra le due Americhe è stata favorita, acuita, ampliata ogni giorno di più, usando ogni mezzo.

Se è vero –ed è assolutamente vero- che la destra dei repubblicani (conservatori, tea parties, reazionari del partito) ha fatto peggio di tutti, attirando nella sfera nazionale gruppi eversivi, estremisti e para-fascisti, fino ad allora marginali ed irrilevanti (sdoganando un mostro che sarà difficile rinchiudere), la malattia del non riconoscimento reciproco e della mancanza di vero dialogo ha contaminato entrambi gli schieramenti. Questa è la prima divisione da curare.

Da ieri sera se ne aggiunge una seconda: quella interna al partito repubblicano. Il fatto che il vice presidente Mike Pence non abbia voluto bloccare la procedura di conferma delle elezioni e abbia chiamato la guardia nazionale, spacca in due il GOP. In nottata la ex candidata alla vicepresidenza Sarah Palin, nota estremista, ha dichiarato a Fox News: «Il partito repubblicano è nel caos. E' venuto il momento di abbandonarlo e creare un terzo partito alla sua destra».

Non accadrà subito ma ciò dimostra che la ferita è aperta. E probabile che Trump, se non sarà prima fermato dalla giustizia, tenterà di mettersi alla testa di tale processo. Le scosse della politica americana vanno a vantaggio dei regimi autoritari a cui è offerta un’ulteriore ragione di deridere la democrazia.

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