Al parco Sempione sono fiorite le forsizie; le gemme premono sui rami, fino alle sei di sera si può scrivere senza accendere la luce; la natura consolatrice ci spalanca la primavera. Ma in questo stesso momento la natura sta cercando di ucciderci; o meglio la vita si espande come sempre e la specie che ha la peggio stavolta siamo noi.

Noi, che la natura l’abbiamo violentata senza riguardo; con la cultura green stiamo tentando di metterci una pezza, ci colpevolizziamo di non aver saputo mantenere una compatibile armonia. Ma non dobbiamo dimenticare che il massimo che si può ottenere dalla natura è una tregua armata, in ogni istante possono accadere catastrofi che né la prudenza, né la medicina, né la tecnologia possono impedire.

Tutto quello che possiamo fare è limitare i danni. Non è disfattismo, è coscienza dei nostri limiti di specie; se li perdiamo di vista a favore di un umanesimo delirante, non facciamo che aggiungere rabbia all’impotenza.

Alle nostre contraddizioni dovremmo guardare con un minimo di lucidità: retoricamente si sente proclamare l’importanza dei vecchi mentre la società si affida sempre di più a strumenti informatici che i vecchi non sanno usare (ma la campagna vaccinale smaschera le ipocrisie, il personale sanitario e le forze armate e gli insegnanti hanno giustamente la precedenza).

I giovani seguono la loro natura quando all’uscita di scuola si aggregano e si abbracciano; fanno tenerezza a vederli che si aggiustano la mascherina scivolata dal naso, poi se ne liberano accalorandosi nei discorsi e nell’allegria.

Qualunque animale, se gli imponi una museruola, cerca istintivamente di liberarsene. Quel che stiamo facendo per difenderci dal virus è contro la natura, tutta la medicina in fondo lo è; probabilmente è contro la natura voler prolungare fino a cent’anni la vita media dell’uomo, certamente lo sono le utopie che promettono di abolire la morte.

Combattiamo ogni giorno contro la natura ma stranamente senza trarne la conclusione che sembrerebbe ovvia: che se quello è il nemico principale, allora gli uomini dovrebbero stringersi insieme in una solidarietà di specie.

È curioso che serva la religione per esortarci a questo. Di fronte a un pericolo mortale che coinvolge l’intero pianeta, ciò a cui invece assistiamo è una diffidenza, per non dire un’ostilità, di tutti contro tutti, sia in termini personali che geopolitici.

I grandi imperi sono in concorrenza quanto ai vaccini, li usano per estendere la loro influenza; l’Europa sconta la propria macchinosa unità controvoglia; l’exploit vaccinale di Israele suscita assurde reazioni antisemite; le categorie produttive lottano a chi si vaccinerà prima, si discute se il patentino vaccinale sia un privilegio o una violazione della privacy; si prevedono truffe, furberie, prepotenze anche private.

Dalla primavera 2020, tutta paura e canti dai balconi, ci stiamo avvicinando a una primavera 2021 fatta di sfiducia e di sotterfugi. Sull’Etna, intanto, la lava ha bruciato le ginestre.

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