- Siamo quelli meno vaccinati tra tutti. Gli ultrasettantenni sono già in pensione ma non sono ancora così malridotti, in genere, da esser finiti nelle case di riposo.
- Se chiedo al mio medico di base, o al farmacista di fiducia, di dirmi una data approssimativa in cui sarò vaccinato, spalancano le braccia e rispondono “siamo in Lombardia”.
- Dunque aspetteremo con pazienza il nostro turno, noi tra i settanta e gli ottanta, saremo gli ultimi, d’accordo. Ma almeno risparmiateci l’ipocrisia di strapparvi i capelli di fronte al numero dei morti giornalieri (quasi sempre noi): non dite che è intollerabile perché lo state tollerando benissimo.
Non avevo mai pensato alla mia età (settantaquattro anni) come a una sfortuna. Ho sempre considerato la vecchiaia una disgrazia inevitabile, in cui il corpo comincia a scricchiolare, fare sesso diventa sempre più un’eccezione, gli entusiasmi si spengono nello scetticismo dell’esperienza. Ridevo su chi chiamava “adulti” gli ultrasettantenni, come se la parola “vecchio” fosse una maleducazione e un’offesa. La vecchiaia è una menomazione progressiva, come se (diceva Leopardi) agli dèi non bastasse



