Le coalizioni (elettorali, politiche, di governo) si fanno fra contraenti che si fidano, su programmi concordati, per obiettivi condivisibili e condivisi.

La pessima legge elettorale Rosato (stretto compagno d’armi di Matteo Renzi) obbliga a fare tutte le coalizioni immaginabili sotto forma di accozzaglie e ammucchiate e le premia.

Certo, l’omogeneità iniziale è auspicabile, ma non necessariamente utile quando il problema consiste nell’attrarre il maggior numero di elettori.

Ripetutamente Carlo Calenda ha affermato che l’agenda Draghi, ovvero quanto impostato e lasciato in eredità dal presidente del Consiglio uscente, è il suo programma, la sua agenda.

Molto generosamente, se Draghi non potrà essere richiamato, Calenda si è messo a disposizione per guidare il prossimo governo.

Poi, però, ha dimostrato di non avere quel coraggio che costituisce una virtù politica per eccellenza rifiutandosi di fare parte di una coalizione che includa Fratoianni (e Bonelli) poiché il leader di Sinistra Italiana ha votato 56 volte contro la fiducia a Draghi, poi anche pervicacemente contro l’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato.

Calenda ha, dunque, avuto paura che nel campo largo di Enrico Letta le sue idee, la sua interpretazione dell’agenda Draghi sarebbero state sconfitte dalle idee di Fratoianni e Bonelli.

Di conseguenza, è logico dedurne che ritiene, o semplicemente spera, che la sua agenda troverà maggiore spazio se corre da solo o, a giudicare da ipotesi che circolano, in coalizione con Renzi (più affidabile di Letta?).

Un’agenda elettorale, politica, di governo è destinata a camminare sulle gambe dei suoi portatori. Farà molta più strada se i portatori sono numerosi e autorevoli.

Un embrione di “terzo polo” non soddisfa questa esigenza che, al contrario di quel che sembra avere in mente Letta, può essere conseguita candidando nei collegi uninominali tutte le personalità più autorevoli del Partito democratico, di +Europa, di Sinistra Italiana e dei Verdi.

In quei collegi i candidati dispiegheranno la loro forza propulsiva con l’obiettivo di attrarre e convincere quei molti elettori indecisi persino se votare.

In coalizione Calenda avrebbe potuto dimostrare di stare selezionando o di avere già un pacchetto di classe dirigente nuova, all’altezza della sfida.

Infine, già di per se un’agenda di governo contiene una presa di distanza e una critica a tutte le proposte diverse e alternative, più o meno coerentemente impacchettate.

Non vedo grande coerenza in molte proposte e posizioni della destra.

Sarà importante per Letta e, se lo vorrà, per Calenda ricorrere puntualmente e puntigliosamente a quanto hanno messo nelle rispettive agende per marcare le distanze dalla destra e l’originalità concreta di quanto promettono di fare.

A mio parere questo è il modo migliore per sanare lo strappo di Calenda e per consentire agli elettori di pronunciarsi a ragion, pardon, a agenda veduta.

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