Da soli né il Movimento 5 stelle né il Partito democratico riusciranno a fare molta strada. A seconda della legge elettorale potranno sopravvivere, in maniera più o meno soddisfacente, ma sicuramente non sconfiggeranno le destre.

Dunque, una qualche forma di collaborazione, estesa e flessibile, oppure stringente, una vera e propria alleanza, appaiono indispensabili anche se, come stanno le cose, cioè le intenzioni di voto dell’elettorato italiano, nient’affatto sufficienti.

Pur se necessarie, le alleanze elettorali e politiche non vanno presentate come inevitabili, senza alternative. Vanno costruite intorno a programmi e persone, anche viceversa, a politiche da attuare e, nel migliore dei casi, improntate a una visione di società e di Europa. Forse, proprio l’europeismo, se convintamente elaborato, tanto da Enrico Letta, che ci crede, quanto da Giuseppe Conte che dovrebbe crederci, potrebbe costituire la base di un’alleanza solida fra i due partiti, soprattutto se messa in contrapposizione al sovranismo duro di Giorgia Meloni e a quello venato di opportunismo di Matteo Salvini.

Una alleanza elettorale va costruita a partire dal centro ma, se la legge Rosato non verrà rivista, tradotta in pratica nei collegi uninominali intorno a candidature che quei collegi rappresentino al meglio (dunque, non da paracadutati/e). Letta sembra avere acquisito adeguato controllo del suo partito, ma a livello locale le correnti del Pd hanno una presenza e una presa con le quali il segretario dovrà fare i conti. Da Conte stesso sappiamo che guidare quel che resta (che non è affatto poco) del Movimento è «una faticaccia» (lo sarebbe ancor di più guidare l’alleanza).

La faticaccia deve essere orientata alla selezione e valorizzazione di coloro che, svanito l’obiettivo annunciato da Beppe Grillo del 100 per 100, credono alla necessità e all’utilità di un rapporto stretto con il Partito democratico. Parlarne per tempo, senza farne una specie di toccasana che risolverebbe tutti i problemi del Pd e del Movimento, è raccomandabile.

I due potenziali contraenti hanno già perso una buona occasione di verificare quanto a livello locale i militanti e gli elettori abbiano consapevolezza della difficoltà del compito da svolgere e delle opportunità che una loro alleanza può offrire.

Le elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre diranno molto sull’esistenza di un elettorato disposto a premiare gli accordi fra democratici e pentastellati. Sicuramente Letta e probabilmente Conte sanno che neppure una alleanza stretta e buona, ma limitata a loro due, può bastare. Anzi, sarebbe/sarà sicuramente perdente a meno che entrambi, ciascuno ricorrendo al meglio del catalogo delle loro proposte, riescano, non tanto a strappare voti ai vicini, quanto a raggiungere e conquistare quel 30 per cento di elettorato che è insoddisfatto dall’attuale offerta politica e che decide chi premiare nell’ultima settimana.

Andare alleati a chiedere il voto è sicuramente preliminare a qualsiasi altra attività, ma, in assenza di originalità nelle proposte politiche, la sconfitta, per quanto dignitosa, rimane dietro l’angolo.

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