Sul finire della campagna elettorale francese, Jordan Bardella, presidente ad interim del Ressemblement national (RN), ha riproposto l’annoso tema della macellazione rituale, rivelando le intenzioni, del resto già espresse in passato, di Marine Le Pen, decisa ad abolire questa antica pratica religiosa in caso fosse eletta alla presidenza della République. Le dichiarazioni di Bardella hanno suscitato la comprensibile reazione delle comunità ebraica ed islamica, che non hanno mancato di sottolineare che un provvedimento simile costringerebbe ebrei e musulmani a lasciare la Francia. Il motivo del contendere è la tecnica di uccisione dell’animale.

Per le norme kashrut e halal, rispettivamente norme ebraiche e musulmane, deve avvenire tramite una recisione della trachea e dell’esofago con un coltello affilatissimo, privo di seghettatura. I critici di questa pratica sostengono, invece, la necessità dello stordimento tramite scossa elettrica, che dovrebbe ridurre al minimo la sofferenza per l’animale. Ovviamente rabbini ed imam sostengono esattamente l’opposto, ribadendo, a ragion veduta, l’attenzione alla sofferenza animale da parte delle rispettive tradizioni. La contesa è ancora in corso, in quanto non possono esistere prove scientifiche in grado di tradurre parametri per loro natura qualitativi. Siamo, dunque, nell’ambito delle pure supposizioni.

Il sospetto nei confronti della macellazione rituale attraversa l’intera storia occidentale. Già la civiltà ellenica ne aveva chiesto l’abolizione in nome del riconoscimento dell’uguaglianza di tutti gli individui, argomento ribadito dalla tradizione cristiana. In sostanza si è percepita un’incompatibilità con le grandi ideologie universalistiche che hanno dato forma alla tradizione occidentale e questa pratica, ritenuta una sorta di residuo tribale. Visto che il tema è ancora sensibile, è utile fare alcune precisazioni.

Alcune precisazioni

Prima cosa: la macellazione rituale non ha nulla a che vedere con la sofferenza dell’animale. Non che il tema non sia sentito da ebraismo ed islam. Anzi, e qui parlo a ragion veduta della posizione ebraica ma credo che l’argomento possa estendersi anche al mondo musulmano, è uno di quei precetti morali impliciti. Talmente evidenti che non hanno bisogno di essere esplicitati.

Esattamente come il rispetto per l’ambiente: dal momento che ci viviamo dentro solo un folle potrebbe pensare di non averne cura. Se la tradizione biblica e coranica nascono per dare rimedio al conflitto inscritto nella legge della natura, va da sé che la sofferenza animale dev’essere evitata, per quanto possibile. Non si contano le pagine dedicate al modo corretto di trasportare l’animale.  Ma basti dire che la parola pastore nella lingua biblica (ricordiamo che l’Islam riconosce la Torah ebraica e la sua lingua è una delle due con cui si è espressa la Trascendenza) è ro’è, che condivide la radice con la parola «prossimo», utilizzata nel famoso passo del Levitico, «Amerai il tuo prossimo come te stesso».

La ratio alla base della macellazione rituale è, però, ben altra e trova la propria ragione nella distinzione fra puro e impuro, che orienta tutte le tradizioni religiose (ma anche laiche). Per la tradizione biblica, impura è la morte. Impuro ciò che inaugura un percorso regressivo verso l’origine indistinta da cui tutti veniamo. Perfetta metafora dell’assenza di vita, appunto. Le norme alimentari sono un tentativo di costruire una nutrizione progressiva che emancipi gli individui dall’origine.

Una pedagogia del desiderio orientata verso la costruzione di un’etica che non esito a definire della non violenza. Altroché disinteresse verso la sofferenza animale, niente di più in continuità con le odierne tendenze vegetariane e vegane. Lo stordimento rischia di provocare emorragie cerebrali che renderebbero l’animale impuro.

La seconda questione si gioca tutta sul campo politico. Il tema della macellazione rituale è tornato in auge in concomitanza del riemergere delle pulsioni nazionaliste di questi anni. Dall’Olanda del 2009 al Belgio del 2021 non si contano i tentativi di abolirla.

A volte riusciti, a volte no. Il dato interessante è che questa battaglia è stata portata avanti da una strana alleanza fra movimenti animalisti e partiti di estrema destra (anche Salvini l’ha cavalcata). Cosa, io penso, che dovrebbe farci riflettere sulla portata regressiva compresa anche nelle nostre ideologie progressiste. Hitler era un convinto vegetariano e nessuno ha mai legiferato in senso animalista quanto la Germania nazista.

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