In una intervista rilasciata nella fase di nascita del Movimento delle Sardine Mattia Santori dichiarò che chi aveva frequentato le lezioni di Scienza politica di Pasquino non poteva diventare populista. Sono assolutamente d’accordo.

Forte è la probabilità che in quelle lezioni il prof. delineasse anche alcune alternative per i movimenti: tenere alta la mobilitazione oppure istituzionalizzarsi; tentare di cambiare i partiti e le loro politiche criticando e premendo dall’esterno oppure entrarvi.

Mi pare che la mobilitazione delle Sardine nel 2020, il cui contributo alla vittoria di Stefano Bonaccini contro Matteo Salvini (pardon, Lucia Borgonzoni) resta peraltro difficile da valutare, sia scemata e che nessuna istituzionalizzazione sia stata tentata.

Non credo proprio che il Partito democratico sia stato sufficiente "premuto” dall’esterno affinché cambiasse alcune sue politiche e meno che mai la sua organizzazione. Vedo, invece, che Mattia Santori ha accettato di essere collocato nella lista del PD che sostiene la candidatura di Matteo Lepore a sindaco di Bologna. Entrismo?

Certo, il PdB (bolognese) da cui Santori accetta la candidatura non è molto diverso da quello da lui e da tantissime sardine sfidato qualche anno fa.

Anzi, è al punto massimo del suo inesauribile continuismo. Il decennale assessore Matteo Lepore ha vinto le primarie, ma non bisogna dimenticare che era stato praticamente incoronato suo successore dall’unico sindaco di Bologna,  Virginio Merola, che dagli anni novanta è riuscito a rimanere in carica per dieci anni. In quello che l’incoronato promette non si vedono novità programmatiche né, tantomeno, vado con il politichese, “discontinuità”.

Da quale fonte, da quale dichiarazione, da quale azione Santori abbia colto la possibilità di trovare spazio per esercitare un ruolo di pungolo, di stimolo, di orientamento per fare cambiare il Partito Democratico è impossibile dire. Lui non è stato preciso limitandosi a sostenere che rimarrà “indipendente”.

Naturalmente, le scelte personali hanno motivazioni dei più vari tipi: mettersi alla prova, imparare di più sulle istituzioni, svolgere il compito di rappresentante di esigenze e di preferenze sottovaluta, dimentica, esclude. Tutti compiti tanto nobili quanto difficili la cui esecuzione dovrà essere monitorata in maniera sistematica.

Forse Santori cercherà anche di essere la cintura di trasmissione delle linee politiche, alquanto indistinte e stinte, delle Sardine di oggi. Precedenti esperienze suggeriscono che un qualche apporto elettorale al Pd potrà venire dalla candidatura di Santori, in special modo se le Sardine bolognesi vorranno impegnarsi nella sua campagna elettorale.

Quello che sappiamo con maggiore certezza è che, da un lato, lo spazio di autonomia e di influenza di un solo consigliere comunale è molto limitato e soprattutto che ci saranno numerose occasioni nelle quali le Sardine fuori dal Consiglio saranno frenate nelle loro iniziative e la Sardina nel consiglio entrerà in rotta di collisione o con quanto si muove fuori o con i detentori del potere politico dentro il Consiglio comunale.

Dal punto di vista del cittadino elettore del Pd e sostenitore delle Sardine è augurabile che si trovi (ma chi lo farà?) una non facile sintesi.

Il punto di vista dell’analista politico è che nessun singolo vince contro un apparato che si è ricomposto in un clima di grande soddisfazione e compiacimento e che quel singolo dovrà prepararsi ai tempi duri non solo dell’irrilevanza, ma anche dell’indifferenza con ripercussioni negative, frenate e dissensi, sull’autunno del movimento.   

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