- In quello che il Time ha definito l’anno «peggiore di sempre», almeno nella vita della maggior parte di noi, in Italia si torna a parlare di code per il pane per i «nuovi poveri» costretti a rivolgersi ai presidi di solidarietà.
- Il 2020 si va a chiudere non solo con le immagini trionfali dei primi vaccini, ma anche con il racconto di lavoratrici e lavoratori autonomi, precari, in nero, italiani e stranieri, spinti dalla crisi sull’orlo del precipizio.
- La gravità del fenomeno deve indurre a ripoliticizzare la povertà, contro le narrazioni che ne fanno un destino privato o un fatto di natura, per affrontarla come un problema di eguaglianza e di giustizia.
Le code per il pane sono un problema politico
27 dicembre 2020 • 17:39Aggiornato, 04 gennaio 2021 • 13:26