Nicola Zingaretti ha gettato la spugna strangolato dalle correnti, Enrico Letta è arrivato lanciando anatemi sul correntismo nel Pd. Tutti criticano le divisioni interne, le considerano un limite alla vita di un partito. Eppure, in ogni aggregato umano quasi mai regna la concordia universale. L’eccezione si concretizza quando a capo del partito arriva una personalità straordinaria. In questo caso non ci può essere conflitto perché il leader riassume e interpreta le opinioni di tutti. Qualcuno poteva forse contestare il generale De Gaulle all’interno del suo partito? Chi ci provò, si trovò subito alla porta. Se si escludono quei pochissimi casi di leadership carismatiche (ben altra cosa di una “normale” leadership di successo o popolare), l’ordinaria amministrazione dei partiti è costellata di scontri e divisioni. Per fortuna: l’ossequio al capo (normale) provocherebbe un deserto di idee.

La storia dei grandi partiti europei è punteggiata di lotte sulle politiche e le strategie da perseguire. Il mondo socialista, in particolare, si è confrontato sull’accettazione o meno delle istituzioni “borghesi”. Il primo deputato del Psi, Andrea Costa, pagò la sua decisione di candidarsi al parlamento con l’accusa di tradimento. Lo scontro tra massimalisti e riformisti ha attraversato tutto il movimento socialista europeo. Però, allo stesso tempo, lo ha fecondato con visioni e proposte diverse. Ogni componente organizzava convegni e pubblicava riviste in cui si raffinavano gli argomenti per vincere la battaglia interna. Così, la qualità del dibattito saliva. Le correnti democristiane sono state fucine di idee e progetti che hanno arricchito non solo la Dc ma tutto lo spazio pubblico.

Le correnti possono però anche avere un impatto distruttivo: le scissioni sono il frutto avvelenato di una conflittualità esasperata. Eppure, senza correnti domina il conformismo, e il cervello collettivo del partito si appiattisce. Fa bene Enrico Letta, dopo averle strigliate a dovere, a legittimarle dimostrandosi disponibile a dialogare con loro. Così da evitare che le correnti si riducano a cordate di postulanti e diventino luoghi di elaborazione politica. L’incontro promosso da Goffredo Bettini per discutere cosa fare e dove andare, va nella direzione giusta. Un partito che non si confronta si riduce a una palude.

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