Le motivazioni addotte dal capo dello Stato Sergio Mattarella per non andare alle elezioni al momento della crisi del governo Conte 2 e insediare Mario Draghi a palazzo Chigi con una maggioranza tecnica e non politica sono state due: la gestione della pandemia e la presentazione del Recovery Plan.  Due emergenze pressanti e cruciali. Non un governo di ordinaria amministrazione bensì “d’eccezione”.

Tuttavia le emergenze che possono  giustificare strappi o forzature devono avere un termine, quanto meno indicativo. Per quanto riguarda il Covid-19, anche se non è ancora domato, la strada è in discesa. Si tratta di insistere con la vaccinazione a tappeto. La quarta ondata in arrivo sarà ben diversa dalle precedenti per numero di ricoveri e decessi. E il governo avrà senz’altro provveduto a organizzare trasporti e logistica nelle scuole per lezioni in sicurezza. Se così non fosse, e obbligasse ancora a quell’abominio della Dad, la delusione sarebbe cocente: anche il governo dei migliori avrebbe fallito.

Pure il Pnrr è instradato sui binari giusti, quanto alla tempistica. Per i contenuti il discorso è diverso, ma non è qui la sede. il governo sta  comunque ottemperando alla mission indicata dal capo dello stato, che si condensava nel presentare il piano a Bruxelles e delineare gli indirizzi generali.  A questo punti sorge inevitabile un  quesito: quando l’esecutivo attuale potrà dire di aver adempiuto al suo compito e lasciare il campo alla politica “normale”. L’eccezionalità di un governo da Salvini a Speranza  si giustifica solo per un breve periodo e per poche cose essenziali. Ora con l’approssimarsi  dell’elezione del prossimo presidente della repubblica anche il tempo del governo è in questione.

Contrariamente a una valutazione diffusa, l’anno prossimo la parola va riconsegnata agli elettori: sia che Draghi vada al Quirinale, sia che altri ascendano al Colle (e qui la correttezza di Matterella rende fantapolitico un prolungamento del sua presidenza per arrivare alle elezioni2023). Troppi i cambiamenti occorsi in questi anni per lasciare ancora i cittadini senza possibilità di esprimersi.

Prolungare l’opera dell’attuale esecutivo – per quanto egregia sia la sua attività – incrina la relazione tra istituzioni e opinione pubblica, e favorisce un sentimento di estraneità, quasi di espropriazione del diritto dei cittadini a dare un indirizzo politico.

A mantenere in carica Mario Draghi con la sua irrituale maggioranza quando le emergenze sono in via di risoluzione  e non ci sono più gli impedimenti per non votare avanzati da Mattarella a gennaio, si rischia una nuova ondata populista che, a scadenza, alimenterà l’opposizione, ora incarnata da Fratelli d’Italia ma domani chissà, o si riverserà verso l’astensione. Esiti che possono essere mitigati se si ridà voce ai cittadini in tempi brevi. E se verrà un governo Meloni-Salvini, pazienza: il popolo è sovrano. Ci pensino la sinistra e i tanti indaffarati neocentristi a evitare un tale esito.

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