I recenti avvenimenti hanno messo in luce, una volta di più, una linea di faglia che attraversa l’Unione Europea. Che non passa per paesi nordici o mediterranei, frugali o spendaccioni, bensì per vecchi e nuovi membri. Benché siano passati quasi vent’anni dal grande allargamento ad est e alle piccole isole mediterranee di Malta e Cipro, emergono ancora differenze marcate su molte questioni. Anche un tema così drammatico come la guerra in Ucraina non fa eccezione. Anzi.

L’ultimo sondaggio effettuato dall’Eurobarometro, l’istituto che monitora regolarmente per conto dell’Ue le opinioni dei cittadini europei, mette bene in evidenza  visioni contrastanti  Vi è un gruppo di paesi, che va dall’Ungheria alla Repubblica ceca, dalla Slovacchia alla Bulgaria, passando per Cipro, che si differenzia dal mainstream generale. L’Italia invece, ad onta di tante preoccupazioni per infiltrazioni russe e inquinamenti informativi, si colloca nella media generale.

Quello che comunque accomuna tutti, senza grandi differenze, è la preoccupazione per il conflitto. In questo caso gli italiani sono molto colpiti dalla guerra: appena l’11 per cento si sente tranquillo, e il nostro paese è il terzo  più inquieto di tutti .  

Del resto, le notizie sulla guerra dominano i pensieri dei cittadini europei: i 3/4  ne parlano tutti i giorni, in famiglia o con gli amici. Il flusso informativo è continuo e abbondante, e la grande maggioranza esprime fiducia nei canali istituzionali e tradizionali dell’informazione mentre diffida, in misura sorprendete, e significativa, dei social media: solo un quarto li considera affidabili rispetto al 55-60 dei media tradizionali.

Tutti con gli ucraini?

Non ci sono dubbi sulla solidarietà degli europei al popolo ucraino, sulla reazione dell’Ue e sulla responsabilità dei russi nello scatenamento delle ostilità: in media, il 90 per cento simpatizza per gli aggrediti, l’80 per cento  approva le sanzioni economiche alla Russia e agli oligarchi, e il 78 per cento attribuisce la responsabilità al Putin. L’Italia è più o meno allineata sulla media.

Ma proprio su questi punti cruciali emerge la frattura tra i membri dell’Unione. I paesi dell’est europeo - ad esclusione dei polacchi e dei baltici - non condividono nella stessa misura l’afflato filo-ucraino prevalente, al punto che il 28 per cento dei bulgari non solidarizza per nulla con Kiev.

Ancora più ampia è la divaricazione in merito alle responsabilità della Russia. Qui, lo scarto tra paesi occidentali della vecchia Unione e l’area slava è molto ampio, fino ad arrivare al caso estremo dei bulgari i quali si rifiutano, in maggioranza , di condannare gli invasori. 

A questo gruppo condiscendente nei confronti di Putin si aggiunge, non a caso, Cipro, il paradiso dei ricchi russi che volevano ottenere la cittadinanza nell’isola, con annesso preziosissimo passaporto dell’Ue. Una isola in cui, evidentemente, legami, amicizie e forse complicità influenzano l’opinione pubblica in senso filo-russo.

Chi non vuole le armi

Tuttavia i 2/3 degli europei approvano il finanziamento messo in campo dall’Ue per l’acquisto di armi da inviare in Ucraina.  A questo consenso corale si sottraggono, ancora una volta, slovacchi, sloveni, ungheresi, bulgari, greci e ciprioti che, in maggioranza, non sostengono questo scelta dell’Unione. Gli italiani, in questo caso, sono un po’ più tiepidi rispetto  alla media, ma ben lontani dallo sfilarsi dall’ impegno comune.

Infine, la guerra ha rilanciato il tema della difesa europea. Si registra una adesione massiccia alla prospettiva di una maggiore “cooperazione militare” tra i paesi membri, ritenuta necessaria dal 76 per cento degli europei. Questa propensione emergeva già da molti sondaggi condotti in anni recenti. La crisi attuale ha rinforzato tale sentimento.

La finestra di opportunità che si è così aperta non dovrebbe essere sprecata. Ma gli ostacoli sono molti. Uno, non piccolo, riguarda quale grado di autonomia e indipendenza un eventuale esercito europeo dovrebbe/potrebbe avere nei confronti  degli Stati Uniti e del sistema Nato.

Tutte le volte che gli europei hanno tentato di fare un passo in questa direzione gli Usa sono intervenuti con tutta la loro forza (di dissuasione) a stopparli. E la loro pressione ha allentato gli intenti comuni degli europei producendo una divaricazione tra i più filo-americani e i più favorevoli all’autonomia continentale.

Non sarà facile vedere tutti i paesi membri  marciare uniti in direzione di una difesa comune. Una Unione a più cerchi concentrici, come è stato prospettato recentemente, torna ad essere una via d’uscita possibile alla prevedibile impasse.

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