Servono ancora le Costituzioni del 900 e le leggi elettorali che di esse siano espressione? Per non pochi interpreti delle democrazie liberali no, non servono. Saremmo già oggi ad una democrazia “postmoderna”, nel cui ambito si sarebbero definitivamente separati i riti e le forme (elezioni, regole, istituzioni) da un lato e la sovranità popolare veicolata da quegli stessi riti, dall’altro.

Sovranità ormai resa inagibile dal dominio incontrastato del mercato nella sua veste contemporanea, scenario questo in cui i parlamenti risulterebbero gusci vuoti e le Costituzioni dispositivi di comando inservibili. Secondo noi invece - pur essendo fuori discussione il pervasivo condizionamento esercitato dalle élite economico-finanziarie nazionali e transnazionali sulle scelte legislative dei parlamenti e decisionali dei governi - non è così.

Crediamo piuttosto di esser di fronte a un avanzato processo di logoramento di quegli stessi dispositivi ma non affatto alla scomparsa della loro funzione. Contro il parlamento si sono scagliati Boris Johnson nell’ambito dei conflitti sulla Brexit, il M5S col taglio del numero dei parlamentari, Trump col suo tentato colpo di Stato: tutti nel nome del “popolo” contro la democrazia rappresentativa, tutti a sostegno di una produzione e distribuzione della ricchezza che alimenta senza sosta diseguaglianze abissali a danno di quello stesso “popolo”.

Due fenomeni hanno segnato il cambio d’epoca della rappresentanza politica: la libertà di movimento dei capitali nel mondo, e quindi l’autonomia dei capitali dalla sovranità decisionale degli Stati, seguita dalla riduzione delle entrate fiscali e dal sotto-finanziamento dei diritti sociali. Si comprende bene come un simile stato di cose avrebbe degradato il ruolo delle assemblee elettive ed espropriato i cittadini della possibilità di assumere assieme le decisioni cruciali per il loro destino.

Il referendum sull’acqua pubblica, il cui esito è stato tradotto in scelte legislative di natura opposta alla volontà espressa da cittadin* è lo specchio inappellabile di tutto ciò. Rappresentanza politica che Gianni Ferrara riteneva come noi indispensabile alla creazione di un ordine sociale più giusto a condizione che si andasse ad una nuova democratizzazione dei sistemi politici contemporanei ed al mutamento dei rapporti di forza tra capitale lavoro e generi (tramite conflitti partecipati come quelli No Tav o Gkn o quelli agiti dal femminismo e dagli studenti).

L’individualismo

E infine, tra le ragioni del declino della rappresentanza politica va richiamata l’ipertrofia individualistica indotta dal funzionamento dei mercati contemporanei. Mercati che esaltano la sovrana e solitaria potenza dell’Io come motore primo dell’agire economico razionale, di un individuo principe assoluto di sé stesso che – come si è visto con parte dei no vax – tende a rifiutare vincoli provenienti da istanze esterne a lui medesimo. Comportamento che apre prospettive incompatibili con l’idea stessa di rappresentanza.

È possibile in queste condizioni costruire un nuovo patto di rappresentanza democratica? Come, con quali strumenti e guardando a quale orizzonte? Noi pensiamo sia possibile, nonostante si mostrino difficoltà straordinariamente dure (e non è questione di speranza, disincanto, cinismo o consolazione).

La nostra risposta è dello stesso tipo di quella che anima/va Lia Levi, Liliana Segre e altr* sopravvissut* pur se in contesti imparagonabili: sostenere la democrazia e la pari dignità degli umani, curare la memoria e il pensiero come funzioni etiche, concludere che l’apocalisse non è mai irredimibile per l’umanità nel suo riprodursi, nemmeno quando riguarda il ferocissimo capitalismo contemporaneo che fa nel mondo sistematica e copiosa strage di vite. Il primo imperativo per avviare questa impresa, senza certezze, è quindi riconnettere istituzioni, Parlamento e cittadini, costruendo una rinnovata rappresentanza politica.

Quest’ultima esige, a Costituzione invariata il realizzarsi di almeno 2 condizioni: una legge elettorale proporzionale e una legge per i partiti e i movimenti attuativa dei principi di partecipazione , democrazia interna,  diritti esigibili degli/delle iscritt* come indicati dall’art. 49 Cost. Deve far riflettere che un premio Nobel dell’economia , Roger Myerson, abbia espresso l’opinione secondo cui la riforma elettorale maggioritaria del 1993 in Italia fu un gravissimo  errore. A motivo del fatto che, sulla base di modelli matematici-economici, risulta che mentre il proporzionale stimola l’offerta politica e il conflitto ideologico positivo (non tutti i partiti devono pensarla allo stesso modo) il maggioritario  tende ad essere monopolistico e dannoso come tutti monopoli.

Anche diverse ricerche hanno mostrato che  dall’unità ad oggi, a sistemi maggioritari corrispondevano minori investimenti sociali e maggiori favori alle rendite e viceversa per quelli proporzionali. Se è così anche l’esigenza di ridurre le diseguaglianze sociali richiamata dal presidente Mattarella nel suo discorso d’investitura esige una nuova legge proporzionale. La circostanza che tangentopoli si sia realizzata in un contesto proporzionalistico non smentisce l’osservazione di Myerson: fa solo capire che dove vien meno un reale legame di rappresentanza tutto è possibile a prescindere dal genere di sistema elettorale esistente. La legge 165/2017, nota come Rosatellum, è l’ultimo frutto della decadenza istituzionale e delle tendenze oligarchiche in corso. Legge caratterizzata dal voto congiunto senza scorporo (se voti un candidato nei collegi uninominali sei obbligato a votare nel proporzionale la lista che lo sostiene anche quando non vorresti  e viceversa), dalle pluricandidature (non si sa dove sarà eletto il pluricandidato), da liste bloccate senza preferenza esprimibile,  da coalizioni elettorali prive di programmi comuni (un inganno quindi), rendono difficilissimo a* cittadin* poter decidere da chi e per quali ragioni farsi rappresentare. Una legge che contribuisce a recidere il legame con l’autonomia, libertà e l’uguaglianza de* cittadin* nell’esercizio del voto. Come invece esige la nostra Costituzione.    Noi avvocati , sostenuti anche dal CDC nazionale, che abbiamo contribuito in questi anni alla dichiarazione di incostituzionalità prima del Porcellum poi dell’Italicum, siamo ora impegnati in diversi tribunali a tentare la stessa impresa contro il Rosatellum.   Non sarà facile ma come si dice fin che c’è vita bisogna fare quel che si deve. La novità importante è costituita dal fatto che, smentendo scelte del recente passato,  il Pd , il M5S,  LeU e persino Forza Italia e settori della Lega, sembrano aver “compreso” quanto sia indispensabile cambiare in senso proporzionale l’attuale legge elettorale, vietando pluricandidature  liste bloccate, finte coalizioni e ammettendo il voto disgiunto (in caso rimanesse una quota di seggi uninominali). Partiamo da qui e dalla legge su partiti e movimenti per ridare nuova vita alla rappresentanza politica. Ognun* può dare un contributo a questa nostra impresa di far rinviare il Rosatellum davanti alla Corte Costituzionale, contattandoci o contattando il CDC nazionale, organizzando incontri pubblici, sostenendo appelli alle forze politiche.

© Riproduzione riservata