«L'Italia è uno stato laico, non confessionale» e «il parlamento è libero», ha detto il presidente del Consiglio, Mario Draghi in risposta alla “nota verbale” della Segreteria di Stato del Vaticano, secondo cui il disegno di legge Zan (ddl Zan) violerebbe disposizioni dell’accordo del 1984 tra Italia e Santa Sede.

Ma Draghi ha anche sottolineato che «il governo non entra nel merito della discussione», di competenza del parlamento, e comunque «il nostro ordinamento contiene le garanzie per assicurare che le leggi rispettino i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato».

Con quest’affermazione il premier è parso bilanciare l’affermazione precedente, sottolineando i limiti di cui la proposta di legge deve tenere conto, derivanti anche da atti quali il Concordato.

Può davvero reputarsi che il disegno di legge Zan metta a rischio il rispetto degli impegni presi con la Santa Sede?

La nota verbale della Santa Sede

Pope Francis during of a weekly general audience in the San Damaso's courtyard in Vatican, Wednesday.September 16, 2020 (Photo by Stefano Spaziani) | usage worldwide Photo by: Stefano Spaziani/picture-alliance/dpa/AP Images

Secondo la Santa Sede, «la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi “fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere” avrebbe «l’effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario».

Le disposizioni che per il Vaticano sarebbero violate dal disegno di legge in tema di omo-lesbo-bi-trans-fobia, se diventasse legge, sono quelle di cui all'articolo 2 del Concordato.

«La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa (…)», afferma il primo comma. «In particolare, è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica».

Inoltre – si legge al terzo comma - «è garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».

Le disposizioni del Concordato rilevanti

Queste previsioni potrebbero reputarsi messe a rischio dalla disposizione che fa salva la libertà di espressione purché essa non si traduca in condotte «idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori e violenti» (art. 4).

La norma, che ribadisce la tutela della libertà di espressione (art. 21 della Costituzione), a detta di alcuni invece restringerebbe tale libertà, impedendo di affermare convinzioni religiose o morali le quali non riconoscono orientamenti sessuali e identità di genere difformi rispetto al sesso biologico.

La seconda disposizione critica, in quanto attenterebbe alla libertà educativa delle scuole cattoliche, sarebbe quella per cui, in occasione della «Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia», le scuole svolgono «attività al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei principi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione» (art. 7).

Il ddl Zan e la libertà di espressione

LaPresse

Innanzitutto, il ddl Zan non riguarda l’espressione di opinioni – la cui libertà è espressamente ribadita, come visto – ma sanziona atti di violenza e discriminazione, nonché l’istigazione a commetterli; non attiene nemmeno alla propaganda di idee, punita solo se esse sono «fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico» (art. 604-bis, codice penale).

E se è libera anche la propaganda, tantomeno potrebbe essere limitata la mera manifestazione di idee. Dunque, il ddl Zan, se approvato, non impedirebbe opinioni, giudizi o insegnamenti cattolici, che potrebbero anche essere fortemente contrari alla normativa.

Infatti, come affermato dalla Consulta, rientra nella libera espressione «la critica della legislazione e della giurisprudenza» così come l’attività «diretta a promuovere l'abrogazione di qualsiasi norma».

Quindi, con l’approvazione del ddl Zan, nelle scuole cattoliche, nelle chiese, così come ovunque, si potrebbe manifestare disapprovazione sui temi oggetto del testo di legge, senza patire alcun limite di opinione, educativo o altro.

La libertà di espressione, che nel nostro ordinamento non è mai assoluta, ma incontra limiti in diritti e valori costituzionalmente tutelati, assume rilievo penale solo quando possa determinare il «pericolo concreto» del compimento di atti violenti o discriminatori, cioè quando abbia il «contenuto fattivo di istigazione ad una condotta» lesiva, come afferma la Cassazione. Istigazione che si reputa poter escludere negli ambiti cattolici, come in molti altri.

La “Giornata Nazionale” nelle scuole

Neanche la “Giornata Nazionale” limiterebbe la libertà delle scuole. La norma che la prevede, infatti, non sembra porre un obbligo per esse di celebrare la giornata stessa.

Da un lato, non c’è alcuna espressione nel testo di legge che sia riconducibile a un “dovere”. Dall’altro lato, la norma cita la “Giornata” nelle scuole , ma «nel rispetto» sia del «piano triennale dell’offerta formativa», previsto da una legge (l. n. 107/2015) riguardante la «piena attuazione all'autonomia delle istituzioni scolastiche» e la «libertà di insegnamento, la collaborazione e la progettazione, l'interazione con le famiglie»; sia del «patto educativo di corresponsabilità», finalizzato alla condivisione fra scuole e famiglie dell’impostazione didattica e formativa nei riguardi degli studenti.

Il ddl Zan, dunque, sembra prevedere lo svolgimento delle attività della “Giornata” solo ove ciò sia conforme al “piano triennale” e al “patto educativo”, strumenti di esercizio dell’autonomia scolastica, secondo il principio della libertà di insegnamento (art. 33 della Costituzione).

Peraltro, pur “celebrando” la giornata, le scuole non sarebbero comunque obbligate a “celebrare” certi modi di essere e sentirsi quanto a genere, identità di genere o altro.

Esse potrebbero decidere come impostarla, quindi anche manifestando opinioni in senso critico alla normativa – resta salva la libertà di espressione, come spiegato - ma sempre con l’obiettivo «del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze».

Questo è un canone di civiltà che andrebbe comunque insegnato in ogni scuola, a prescindere da una giornata dedicata: difficilmente si potrebbe discordare sull’osservanza dei principi del rispetto e della non-violenza.

In conclusione, il ddl Zan non limita la libertà di espressione o la propaganda contraria ai contenuti che ne sono oggetto, non sanziona la manifestazione di convinzioni religiose o morali, né impone la celebrazione della “Giornata Nazionale” o la sua celebrazione in determinate forme, ma rispetta la libertà pastorale, educativa e sociale. Come potrebbe la futura legge violare il Concordato?

© Riproduzione riservata