Quando in futuro guarderemo indietro a quello che sta succedendo, dovremo chiederci: le classi dirigenti europee sono state all’altezza? In che modo abbiamo affrontato la crisi più drammatica per il nostro continente dai tempi della seconda guerra mondiale? Il valore di una classe dirigente, ma forse ormai quello di un’intera civiltà, si misura proprio in momenti come questo. Sono i tornanti decisivi.

La risposta a oggi non è positiva. Certo poteva andare peggio. Nelle sanzioni potevamo muoverci in ordine sparso (e invece siamo uniti, o quasi). Generoso è lo sforzo di accoglienza dei profughi (ma stride con quanto fatto per altre guerre). Vi sono tuttavia tre gravi mancanze. Primo, l’Europa non è stata capace di mettere in campo uno sforzo serio di mediazione, sia verso la Russia che verso gli Usa, per fermare la guerra.

Addirittura abbiamo lasciato svolgere questo ruolo a Erdogan, un autocrate! È uno sforzo che andava fatto subito, nei primi giorni, quando forse era ancora possibile tornare indietro.

Adesso, per il punto a cui si è giunti, è molto difficile che si arrivi a una vera e propria pace; ci sarà una tregua armata, se va bene, con la Russia che si tiene i territori del sud-est e una situazione di permanente, strisciante conflitto ai nostri confini (almeno fino a quando Putin rimarrà al potere). Un esito molto negativo, per noi: che non abbiamo fatto tutto quanto potevamo per evitarlo.

Ma se a questo ormai non vi è rimedio, in altri due campi possiamo ancora riscattarci. Sulle sanzioni, nonostante il molto realizzato, è mancata finora la cosa più importante: il blocco degli acquisti di petrolio e gas.

Questo farà male a noi, certo, ma farà male ancora di più alla Russia, che non può riconvertire a breve le forniture verso la Cina perché non ne ha ancora le infrastrutture. È quanto di più concreto possiamo fare, a questo punto, per costringere Putin a fermarsi, a trattare. Da notare che il Parlamento europeo, la nostra massima istituzione federale, ha già votato per un embargo totale. Sono i singoli governi a esitare.

Ma i governi esitano perché non sanno come gestire la crisi sociale e la riconversione energetica. E qui veniamo alla terza mancanza, correlata. L’incapacità di mettere in campo una politica comune europea, strutturale: con eurobond per la transizione energetica, la protezione sociale, la difesa.

Fra l’altro una difesa europea ci farebbe risparmiare decine di miliardi (il settore è caratterizzato da grandi economie di scala) e avremmo quindi ancora più risorse da destinare agli altri due ambiti: a favore di quanti già adesso non ce la fanno a pagare le bollette, o che rischiano di perdere il posto per il rallentamento dell’economia; per un piano straordinario di efficientamento degli edifici, che vada soprattutto a favore delle classi meno agiate (a differenza di quanto fatto finora con il nostro superbonus), e per accelerare sulle energie rinnovabili. Che cosa dobbiamo aspettare, ancora?

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