Il sistema finanziario è l’insieme organizzato di mercati, intermediari, e strumenti finanziari, in un contesto di regole e controlli, assicurati dalla presenza delle autorità di vigilanza.

In Italia si parla spesso di economia reale, ma senza una buona funzionalità finanziaria (la finanza può essere vista come il sistema cardiocircolatorio), l’economia si ferma, o rallenta.

La storia del sistema finanziario italiano, come di quello europeo continentale, è quella di un sistema finanziario fortemente ancorato sui circuiti di intermediazione bancaria e quindi definito “bancocentrico”, al contrario dei sistemi finanziari anglosassoni, concentrati sui mercati finanziari, e quindi definiti “mercato-centrici”.

L’efficienza informativa è la capacità di assorbire immediatamente tutta l’informazione disponibile: i mercati finanziari ben regolati hanno dimostrato di funzionare meglio degli istituti di credito, costretti ad agire in modo lento, farraginoso.

Se la fase successiva al finanziamento consiste nel monitoraggio della bontà del credito e della verifica della competitività aziendale (oltre che della solidità della garanzia, se presente), nel vegliare sulla meritocrazia in azienda, abbiamo visto come le banche – una volta deciso di ridurre i finanziamenti - non possano uscire velocemente dai settori sconfitti dalla “disruption” tecnologica.

Come fa una banca, una volta finanziata un’impresa che produce macchine da cucire, a chiudere i cordoni della borsa pena la perdita totale del credito? Una volta presa consapevolezza della crisi incipiente del settore (gli analisti settoriali esistono ancora nel settore bancario?), come può una banca tagliare il ramo sul quale è seduta? Questo fenomeno in Italia è particolarmente accentuato nei confronti del pletorico e poco innovativo settore immobiliare.

In un sistema mercato-centrico, un’impresa per finanziarsi emette tipicamente obbligazioni sul mercato, che sono nella pancia di fondi di investimento, Sicav, gestioni patrimoniali, fondi pensione. E il mercato – ed è questa la sua forza – vigila tutti i santi giorni sull’andamento delle imprese emittenti.

Fior fior di analisti guardano numeri, bilanci, corporate governance, funzionamento del consiglio di amministrazione, strategie, validità dei manager. Svolgono la funzione di sorveglianti, ossia sono “bond vigilantes”.

Al primo dubbio, scaricano i titoli sul mercato, impattando sul prezzo, che è quindi un ottimo segnalatore – in presenza di efficienza informativa – della posizione competitiva dell’azienda.

Se l’impresa inizia ad andar male, sono gli investitori, per lo più consapevoli, che subiscono la perdita e ne pagano le conseguenze.

Nei mercati bancocentrici, le perdite le prendono le banche, che si caricano di “sofferenze”, che poi per lungo tempo minano il patrimonio minimo prescritto dalla vigilanza, impedendo alle banche stesse (in presenza di insufficienti requisiti patrimoniali) di finanziare altre imprese. Si genera un circolo vizioso, e la ripresa economica successiva ne risente, poiché l’accesso al credito diventa più difficile.

La crisi, tutta finanziaria, dei “subprime” del 2008, poi arrivata all’economia reale,  ha avuto come principale motore il sistema bancario, che, per avidità ha comperato a man bassa titoli cartolarizzati, il cui sottostante erano debiti dei consumatori americani.

Un sistema finanziario bancocentrico funziona bene soltanto in un clima economico stabile, dove non sopravvengono innovazioni tale da modificare l’intero assetto competitivo.  Al temine della sua vita, Joseph Schumpeter, pensava di aver sbagliato tutto, ma oggi possiamo dire con ragionevole certezza che il XXI è il secolo di Schumpeter: le innovazioni, l’information technology, la globalizzazione hanno sconvolto i parametri consolidati del fare impresa.

Questa “accelerazione schumpeteriana” ha certo radici tecnologiche importanti, ma è indotta anche da fenomeni più inquietanti, come la crisi sanitaria mondiale, le migrazioni di massa, e la crisi ambientale che pone vincoli rilevanti al modello energetico del passato.

In questo nuovo contesto, sembra urgente metter mano anche al “sistema idraulico” dell’economia costituito da un sistema finanziario incentrato sulle banche, spostandolo verso un modello che sostenga l’innovazione e la competitività anziché frenarle.

Ne avremo davvero molto bisogno, se non vogliamo ripetere dopo la crisi sanitaria, la stasi dell’ultimo ventennio.

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