- Nel 1979 la Rai mandò in onda il documentario “Processo per stupro” che seguiva il processo per violenza carnale ai danni di una diciottenne di Latina. Per la prima volta l’Italia scoprì cos’era un processo penale e come, nel corso delle udienze, i ruoli di vittima e imputati lentamente si invertivano.
- A quarant’anni di distanza, nulla è cambiato. C’è ancora chi processa la vittima per le sue frequentazioni, per come si veste e per come si comporta. Nel 1979, l’avvocato degli imputati disse: «Se questa ragazza si fosse stata a casa non si sarebbe verificato niente».
- Un certo modo di raccontare la violenza sessuale provoca questo: autoassoluzione dello stupratore, convinzione della vittima di aver indotto la violenza.
L’Italia ha scoperto cosa fosse un processo per stupro nel 1979: quali dinamiche lo guidassero, che viso avessero gli imputati di un reato tanto odioso e che viso avesse la vittima. L’Italia ha scoperto anche che, nel corso delle udienze, i ruoli di vittima e imputati lentamente si erano invertiti. Esattamente ciò che sta accadendo oggi nel dibattito pubblico sul caso di Alberto Genovese, l’imprenditore accusato di aver violentato una ragazza di 18 anni durante una festa e sotto l’effetto di dro



