Allo scintillante curriculum della ministra della Giustizia, Marta Cartabia, mancava ancora qualcosa per legittimare ulteriormente l’ambizione di salire il prossimo anno al Quirinale, e giusto sabato è arrivato un imprimatur non secondario proprio dall’autorità che in un’altra epoca risiedeva nello stesso palazzo sul colle.

Papa Francesco ha nominato Cartabia membro ordinario della Pontificia accademia delle scienze sociali, organo fondato da Giovanni Paolo II nel 1994. La nomina è sostanzialmente onorifica, almeno dal punto di vista dell’attività scientifica, e consente di prendere parte a un consesso dove siedono personalità internazionali della caratura di Joseph Stiglitz e Dani Rodrik, tanto per fare due esempi.

Quello che per altri accademici potrebbe essere un fatto cerimoniale per Cartabia non è politicamente neutrale, specialmente in un contesto d’incertezza – altrimenti noto come politica italiana – dove ben ponderate segnalazioni di appartenenza, protezione e legame possono anche fare la differenza in operazioni complesse come quella che porterà alla successione di Sergio Mattarella.

Almeno all’accademia pontificia, Cartabia diventa pari grado del presidente del Consiglio, Mario Draghi, nominato da Francesco a luglio dello scorso anno. È stato uno dei due fatti fondamentali che si ricordano nel suo interregno fra la guida della Banca centrale europea e la presidenza del Consiglio.

L’altro è stato il discorso al Meeting di Rimini della scorsa estate, altro evento di ambientazione ecclesiastica dove Draghi ha tenuto un intervento che, alla luce di quello che è successo poi, è stato ragionevolmente letto come la formulazione provvisoria di un programma di governo.

Il suo discorso d’insediamento in parlamento è stato in fondo poco più della traduzione in lingua politica di quello che a Rimini aveva detto in termini culturali e ideali. Anche in quell’occasione non erano mancati i messaggi, espliciti o cifrati, lanciati Oltretevere.

La nomina

Si capisce che a Cartabia in questo momento dispiaccia essere da meno, specialmente nel campo della politica ecclesiastica, dove in teoria dovrebbe essere a proprio agio anche più del suo competitor in prospettiva.

Negli anni Cartabia ha fatto molto per diluire il suo fortissimo legame con il movimento di Comunione e liberazione, fino a farlo sbiadire in una generica simpatia di gioventù o un interesse di tipo accademico, e quest’anno è stata anche alla larga dal Meeting di Rimini, dove pure avrebbe avuto agio a presentarsi in qualità di ministra, accompagnata addirittura da dodici colleghi del governo e dai leader di tutti i partiti.

Aveva partecipato alla kermesse estiva varie volte quand’era giudice della Corte costituzionale, e il profilo istituzionale aveva evitato di farla apparire come una imbarazzante rimpatriata fra vecchi amici. Quest’anno la delicatezza della corsa verso il Quirinale deve averle suggerito di fuggire le occasioni prossime di visibilità.

La nomina alla Pontificia accademia invece consolida una rete di relazioni e posizionamenti e non ha effetti collaterali, specialmente ora che nel grande scontro fra gli schemi quirinalizi che ogni partito ha in testa s’intuisce che il profilo centrista-cattolico è all’intersezione fra molti calcoli ed esigenze.

Anche per questo è tornato in auge il nome di Pier Ferdinando Casini, che di recente è intervenuto proprio con Cartabia a un evento su Mino Martinazzoli coordinato da Matteo Renzi, sempre alla febbricitante ricerca di essere il kingmaker di qualcosa. Cartabia è naturalmente posizionata in quel contesto culturale, ma gli anni del distanziamento critico e strategico verso il suo passato ora impongono forse qualche segnale più chiaro, e il Vaticano le ha dato ora una medaglia che onora ma non impegna.

La notizia della nomina è arrivata proprio mentre Cartabia era in visita al carcere di Pozzuoli assieme a Mattarella, che di Cartabia è estimatore e interlocutore fidato e amichevole, in perfetta linea di continuità con il predecessore, Giorgio Napolitano. Perché Cartabia arrivi al Quirinale il prossimo anno una moltitudine di astri politici devono allinearsi, ma una prudente benedizione da chi ha familiarità con le cose del cielo può far comodo.

© Riproduzione riservata