Nella prima fase, l’emergenza pandemica ha avuto un effetto di limitazione della conflittualità politica, con risvolti positivi anche a livello europeo, innescando un processo di collaborazione per la gestione sanitaria e la ripresa in vista dell’uscita dalla pandemia. A partire dalla primavera scorsa, per iniziativa di alcuni governi (tra cui il nostro) questi due obiettivi hanno marciato attraverso un denso lavoro di mediazione e compromesso. Il Recovery fund ne è stato il prodotto. Le doglie del parto sono state dolorose per la difficoltà di superare le divisioni tra i paesi del nord e quelli del sud e poi per far rientrare il veto di quelli dell’est. Il Recovery fund ha superato lo scoglio della condizionalità nell’erogazione delle risorse e ottenuto che i paesi beneficiari dovranno dimostrare il rispetto dello stato di diritto nelle loro nazioni. Ai singoli governi spetta di elaborare dettagliati piani nazionali di spesa e stabilire progetti di riforme e investimenti per l’impiego dei miliardi (tanti) dell’Europa. In questa cornice, il governo ha lanciato l’idea di una “cabina di regia” interpretando la raccomandazione della Commissione ai singoli stati di dotarsi di una struttura tecnica con capacità amministrative, autorità e risorse umane adeguate. Ciò avverrà anche a livello europeo, con una task force di scopo che lavorerà insieme ai commissari per rendere il percorso di investimenti operativo e monitorato costantemente.

I 207 miliardi di euro del Recovery fund destinati all’Italia hanno avuto l’effetto di un eccitante, interrompendo l’armistizio che aveva raffreddato (anche se mai completamente) gli umori anti governativi dentro la maggioranza. La recente discussione in parlamento del piano di ripresa ha visto il protagonismo guerreggiante di Matteo Renzi, il cui gruppo Italia viva ha ministri nel governo. L’intervista da lui rilasciata a El País poche ore prima del viaggio di Giuseppe Conte a Bruxelles, ha avuto un effetto dirompente, facendo temere una crisi di governo. A partire da qui, la fibrillazione ha contagiato molti, anche dentro il Pd.

Come leggere questa nuova conflittualità mentre il paese seppellisce ancora più di 700 morti per Covid al giorno? Si sono spese parole nobili per giustificare tanta adrenalina – la democrazia parlamentare, l’inclusione dei governi regionali e delle parti sociali nella definizione della governance, la democrazia ecc. Per alcuni forse è così. Ma tutto fa pensare che altri siano i propositi. Si resta pertanto attoniti di fronte al tifo malcelato per quella trama ordita dai banchi del Senato, la cui eco ha accompagnato Conte a Bruxelles. A chi giova? Va detto che con la sua frenesia Renzi ha dato rappresentanza a molti, anche dentro il Pd – lo ha detto lui stesso nell’intervista a El País.

Lo scollamento della politica

È scandaloso pensare che all’origine di questo sommovimento ci sia la volontà di avere più protagonismo nella gestione del Recovery fund? Che all’origine della fibrillazione ci sia la febbre dell’oro? Del resto, chi può immaginare elezioni anticipate nel mezzo di una pandemia? Nessuno. Nemmeno chi minaccia la crisi. Come eccitarsi (eppure vi è stato chi si è eccitato) per lo stentoreo Renzi che in Senato lanciava la sfida fatale? Dietro il ventilato Conte-ter e la critica della “cabina di regia” non si vedono in effetti ragioni nobili o di principio. Anche per questo, questa quasi-crisi dichiarata è un’evidenza ulteriore dello scollamento della politica politicata dal sentire comune. E i principali attori – il Pd e i Cinque stelle – restano a guardare e, al massimo, si peritano a spegnere il fuoco. Incapaci a reagire in maniera decisa. Perché non basta criticare il protagonismo di Renzi. Sarebbe conveniente, invece, indicare a quali criteri si debba vincolare il Recovery. Vorremmo sentir dire che occorre prima di tutto volere il ripristino dei diritti fondamentali alla salute, all’istruzione, alla ricerca, alla mobilità, alla salubrità dell’ambiente secondo il principio di uguaglianza, che deve valere per tutti e su tutto il territorio, non per una parte e a macchia di leopardo. Non sarebbe questo un buon orientamento per l’uso del Recovery? Nessuno però si è mosso a dirlo. Forse nemmeno chi ci ha pensato. Come scrive Ida Dominjianni sulla sua pagina Facebook, nemmeno i morti riescono a smuovere questi politici. Per questo, tuonare contro il governo non convince. E resta la percezione che l’obiettivo dei critici sia distante da quello che i cittadini vorrebbero veder detto, scritto e fatto.

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