Dallo scorso 9 agosto i cortei di protesta in Bielorussia si sono svolti ininterrottamente ogni settimana per le strade delle città. In cinque mesi si stimano gli arresti di oltre 30mila persone tra cui 336 giornalisti e 60 casi di violenza. Le autorità bielorusse hanno anche prolungato la detenzione preventiva dell’oppositrice Marija Kaleshnikova, che rischia cinque anni di carcere, per due mesi sino all’8 marzo.

A oggi sembra che la riforma della Costituzione, entrata in vigore nel 1994 e già modificata due volte per consentire a Lukashenko di ricandidarsi alla presidenza, sia la principale questione nell’agenda politica del paese.

Il presidente Lukashenko ha infatti dichiarato che la bozza della nuova Costituzione potrebbe essere pronta entro la fine del 2021 e la data del referendum dovrebbe essere comunicata entro il prossimo 11 febbraio, ma l’ipotesi di un suo possibile ritiro dopo l’approvazione del nuovo testo non è ancora stata confermata.

Su questo punto l’oppositrice Tatjana Tichnovskaja sui canali social ha affermato che il progetto costituzionale è un tentativo di Lukashenko di decidere il futuro del paese, ma è inaccettabile che si possa ripresentare alle prossime elezioni.

I mondiali di hockey

Nel frattempo, la Federazione internazionale di hockey su ghiaccio ha deciso di non svolgere i mondiali a Minsk perché non vuole essere associata all’immagine di repressione di questo paese. Forte è stata la pressione esercitata da alcuni sponsor (Skoda e Nivea) sul presidente elvetico della Federazione che è rimasto stupito anche dell’assenza dei dispositivi anti-contagio Covid (241.000 contagiati e 1.678 morti). Non è ancora chiaro se la squadra bielorussa potrà partecipare o sarà oggetto di boicottaggio da parte della Svezia e della Danimarca, ma la finale, prevista a fine maggio, sarà svolta in Lettonia.

Ma vi sono due recenti inchieste che, se verificate e confermate, costituiscono particolari inquietanti su quello che sta accadendo in Bielorussia. La prima riguarda alcune registrazioni ottenute da ByPol, l’organizzazione degli ex rappresentanti delle forze dell’ordine bielorusse (disponibili in lingua inglese su YouTube), che rivelano il piano malvagio di Lukashenko della gestione dei manifestanti. Nelle parole del viceministro per gli Affari interni, il colonnello della polizia Mikalai Karpenkau, ogni agente delle forze dell’ordine deve avere un’arma da fuoco da usare contri i dissidenti perché «siamo coperti dal capo dello stato su tutti i fronti riguardo all’uso delle armi. (…) Nelle parole di Lenin, solo una parte deve avere il diritto di utilizzare le armi: quella parte è lo stato». Non solo. Nelle registrazioni emerge che la prima vittima della repressione contro il regime, Aliaksandr Taraykouski, è morto per un proiettile di gomma che gli ha colpito il petto.

La “nuova Auschwitz”

Ma le parole più scioccanti nel nastro riguardano il progetto, voluto da Lukashenko, di costruire un campo di lavoro, una «nuova Auschwitz», nella base della prigione n.22, situata a Ivatsevichi, vicino a Minsk, e conosciuta come “la tana del lupo” dove vengono rinchiusi i condannati per reati di droga. Questa strategia del terrore prevede di trasferire tutti i manifestanti arrestati in questo campo sino a «quando le acque non si saranno calmate» sulla base di nominativi che farebbero già parte di un database BESporiadki (DISordini) del ministero degli Affari interni. Nell’audio Karpenkau afferma che tutte queste azioni hanno lo scopo di preservare l’incolumità del presidente e delle autorità statali (non del popolo…) perché alla caduta della Bielorussia seguirebbe quella della Federazione russa, con la conseguente spartizione del territorio tra Ucraina, Polonia, Lituania e Lettonia.

Le sanzioni inefficaci

Gli esponenti dell’opposizione hanno affermato che l’audio sarà inviato a tutte le organizzazioni internazionali, agli Stati Uniti e alla Russia mentre ByPol consegnerà il nastro originale per una perizia tecnica che ne dimostri l’autenticità.

La seconda inchiesta coinvolge Igor Makar, ex ufficiale delle forze bielorusse, che ha consegnato alla polizia ucraina e a EUObserver delle registrazioni in cui il capo del Kgb bielorusso, Vadim Zaitsev, afferma che sono stati uccisi alcuni oppositori al regime in Germania e un giornalista Pavel Sheremet in un’autobomba a Kiev nel 2016.

Inoltre Makar sostiene che l’artefice dell’attentato alla metro di Minsk nel 2011, dove sono morte 15 persone, è il presidente Lukashenko che aveva un preciso scopo: stemperare le reazioni di protesta in prossimità delle elezioni presidenziali, arrestando i presunti terroristi che sono stati condannati alla pena capitale contro la quale si era, infatti, mobilitata la comunità internazionale.

La violazione dei diritti umani sta, quindi, assumendo una proporzione che non sembra arrestarsi dinanzi alla quale le sanzioni internazionali sinora applicate non sembrano uno strumento sufficientemente efficace, anche perché la Bielorussia è più orientata al mercato euroasiatico. Attendiamo le reazioni della comunità internazionale riguardo a queste nuove rivelazioni.

 

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