La giostra dei commissari alla sanità in Calabria è stata oscena. Una girandola di nomi apparsi e scomparsi  con la velocità di un tweet. Scelte abborracciate che guardavano poco alle competenze indispensabili e molto al colore politico del nome da mettere in campo. Ora arriva Guido Longo, ex prefetto con una lunga esperienza in campo investigativo ma ben poca nella gestione di  un problema complesso come quello della sanità calabrese. 

Governo, ministri e partiti della maggioranza si sono persi dentro le pagine di un manuale Cencelli d’altri tempi. Tutti volevano vincere la loro personalissima battaglia sulle macerie e così hanno buttato a mare ogni credibilità.

I calabresi hanno capito di essere “malarazza”, gente che non ha neppure il diritto di essere ascoltata da Roma. I loro sindaci hanno chiesto la cancellazione del debito per ripartire. Hanno portato a casa solo fumo.

In Calabria, dopo 11 anni di commissariamento, non si conosce il reale e definitivo ammontare del deficit sanitario. Si parla di 2 miliardi. Ma è un calcolo approssimativo in una realtà dove il sistema sanitario pubblico è stato trasformato nella mangiatoia di affaristi e mafiosi. Alle Asl di Reggio e Cosenza esisteva la consolidata abitudine da parte dei privati di farsi rimborsare le fatture (milionarie) due o tre volte.

I grandi fornitori di beni e servizi hanno venduto i loro crediti ad agenzie del Nord Italia specializzate nel recupero, che ora vogliono i soldi.

Ma non si tratta solo bilanci da risanare. In una regione come la Calabria dove il diritto alla cura è seriamente compromesso dalla chiusura di 18 ospedali, dal taglio dei livelli minimi di assistenza, dalla mancanza di medici e infermieri, un risanatore non basta più.

E’ tuttora necessario un vero super-commissario alla Salute dei calabresi e non soltanto ai loro debiti. Una personalità capace di chiedersi perché in Calabria si vive bene e sani fino a 50 anni e a Bolzano fino a 70. Perché un malato di tumore è costretto ad andare al Nord per curarsi. Un tecnico, capace e indipendente, che sappia di medicina territoriale e prevenzione, che conosca bene il territorio, fatto di mare e sole, ma anche di paesi arroccati tra boschi e montagne, di ferrovie ottocentesche, strade interne ridotte a mulattiere.

Longo è un calabrese doc, ma questo importa poco. Quello che conta è sapersi rapportare a una popolazione sempre più sfiduciata e schifata da questa sorta di talent-show dal titolo “il super-commissario”.

Le dispute campanilistiche interessano solo a quei centri di potere calabresi che da sempre succhiano il sangue della sanità pubblica. Il governo ha spinto due milioni di italiani che tirano la vita tra la Sila e lo Stretto vicini al punto di rottura.

A Roma si decide poco, a Catanzaro, dove siede un governo regionale largamente delegittimato, va in onda il cabaret. Con il suo presidente, Nino Spirlì che ormai parla solo in vernacolo stretto. Ha detto che «il governo annaca il pecoro», nel senso di temporeggia, perde tempo. Speriamo che questa volta si sbagli. 

© Riproduzione riservata