L’Ue non accetta la “pax americana” e rimane sola

Malgrado la spinta americana al negoziato e la decisione della Bce di non concedere deroghe sull’utilizzo degli asset russi detenuti a Bruxelles, l’Europa non cede e si mette di traverso a ogni piano proposto. La cosa è talmente grave da preoccupare anche il presidente Volodymyr Zelensky, che teme «l’abbandono degli Usa». Unione europea e Regno Unito stanno prendendosi una grave responsabilità: far fallire il piano americano. Per la maggioranza degli analisti e per le diplomazie, i 28 punti russo-americani sono «ingiusti», ma rappresentano anche la sola base realistica per far cessare i combattimenti. «Pace per territori» è lo sfondo utilizzato da Washington e Mosca per accordarsi, lasciando liberi gli europei di accettare o no il fatto compiuto. Ma la strada si è rivelata più in salita di quanto si pensasse: l’Europa diventa un ostacolo che nemmeno gli Stati Uniti riescono a superare. Potrebbero rinunciare al tentativo di pace, ma in quel caso abbandonerebbero anche il supporto militare diretto a Kiev. Gli europei dovrebbero di conseguenza accollarsi tutto il peso della guerra. In queste settimane il vantaggio tattico russo sul terreno è apparso evidente come anche la fragilità ucraina. Ecco spiegato il motivo delle dichiarazioni russe che considerano inaccettabile la “sconfitta strategica” imposta dall’Europa. Le parole di Vladimir Putin e dei suoi stretti collaboratori suonano come una forte irritazione davanti al muro europeo che nemmeno Donald Trump riesce a scavalcare, a dimostrazione di quanto l’Europa conti. Nato, avviso alla Russia: «Putin non cambia idea? Manderemo altre armi» Il guaio tuttavia è che Bruxelles e gli Stati membri si sono messi in una posizione singolare: negoziano senza negoziare. O per meglio dire trattano indirettamente perché si sono autoesclusi dal parlare con Mosca. In politica, e in particolare in diplomazia, questo funziona poco o nulla. Se vuoi veramente contare devi poter avere margini di manovra per discutere, anche quando non si è d’accordo. La posizione presa dagli europei fin dall’inizio della guerra in Ucraina invece è stata: con la Russia tagliamo ogni ponte. Si tratta di una scelta errata che oggi si paga: Mosca negozia solo con Washington e finirà certamente per imporsi, presto o tardi: l’andamento del conflitto dimostra che, passata la prima fase, la Russia si è ripresa e avanza inesorabilmente. Più tempo passa e più conquista terreno. Le illusioni di “vittoria ucraina con punizione di Mosca” messe in testa alle autorità ucraine da quelle europee (e dall’amministrazione guidata da Joe Biden) sono ormai evaporate. D’altra parte, pur considerandosi coinvolta al punto da propagandare la tesi “difesa dell’Ucraina = difesa dell’Europa”, quest’ultima non vuole combattere direttamente. Le ragioni sono numerose (pochi soldati, pochi giovani da arruolare, età media del continente di 44 anni, poche armi, pochi soldi e via dicendo), ma la verità è che l’Europa si è accomodata in una posizione di comfort: gli ucraini combattono per noi. Fino a quando sarà possibile? La strategia dei due presidenti: indebolire Kiev e accerchiare l’Ue Non si può lucrare sul coraggio ucraino (innegabile ed eroico) senza implicarsi direttamente. Ma questo significherebbe fare la guerra alla Russia senza la Nato, perché gli americani si opporrebbero con decisione (togliendoci ombrelli e tecnologie varie). Lentamente le estreme destre europee stanno cavalcando l’impasse in cui l’Ue si è intrappolata, mediante un atteggiamento più conciliante con Mosca. È facile prevedere come alla fine useranno tale leva per contrastare la testardaggine senza risultati fin qui tenuta dalle istituzioni comunitarie e dai maggiori governi (Parigi, Berlino e Londra). In attesa di tale svolta, il governo italiano tiene una posizione prudente. Occorre che l’Ue esca dall’angolo in cui si è messa per ritrovare agibilità politica. Ciò non significa cedere alla Russia o dar ragione a Putin, ma ingaggiare un vero negoziato – o partecipare a quello in corso – accettando la logica della trattativa, cioè dello scambio. Non si può avere tutto. Forse il piano americano è squilibrato, ma non ci si può limitare a rispondere solo no. In tutto questo spicca un elemento triste: l’umiliazione del popolo ucraino, che tutti dicono di rappresentare ma a cui pochi danno davvero ascolto, mentre sullo sfondo le autorità di Kiev vengono investite da scandali a ripetizione.