In questi giorni tanti sono scossi dalle immagini che giungono dall’Afghanistan, dove sembra che in un batter d’occhio le lancette della storia siano tornate drammaticamente indietro di vent’anni. I talebani armati fino ai denti di nuovo padroni del paese. Le donne che per paura tornano a indossare il burka. La gente in fuga che si riversa all’aeroporto di Kabul e si aggrappa disperatamente agli aerei in partenza. Il video di una ragazza afgana in lacrime, che dice con voce sommessa: «Moriremo lentamente nella storia».  

L’enorme emozione di questi giorni deriva anche da un senso di fallimento dell’occidente. È però ancora possibile evitare di aggiungere fallimento a fallimento. Se abbandonassimo le persone che hanno creduto nella democratizzazione dell’Afghanistan e che hanno aiutato i nostri militari, sarebbe imperdonabile. Non soltanto in termini umani e morali, ma anche in termini geopolitici, perché sarebbe un segnale tragico nei confronti di quanti, negli Stati non democratici, credono nella collaborazione con l’occidente per preparare un futuro migliore.

I corridoi umanitari

Occorre aprire urgentemente corridoi umanitari per le persone più vulnerabili, a partire da tutti coloro che hanno lavorato con l’Italia e gli altri paesi occidentali e che rischiano ora la vita. Occorre anche riesaminare le domande respinte dei richiedenti asilo afgani che già sono in Europa, come ha proposto Marco Impagliazzo su Avvenire del 18 agosto, perché alla luce di quello che sta accadendo in quel paese sarebbe davvero impietoso procedere con le espulsioni.       

Si deve inoltre pensare all’integrazione. Per questo motivo, le Università italiane devono essere coinvolte fin da subito. Ai rifugiati andrà garantita la possibilità di studiare. Non si tratta di un aspetto secondario. Al contrario, è qualcosa di decisivo. Dare a ragazze e ragazzi afgani la possibilità di studiare in Italia avrà un duplice risultato: da un lato, favorirà l’integrazione di chi vorrà restare nel nostro paese; dall’altro, permetterà la crescita di una generazione di afgani aperti ai valori del pluralismo, del rispetto delle donne e delle minoranze, della democrazia.

Nella sconfitta che l’occidente vive in queste ore, quello che possiamo fare è proteggere i più vulnerabili, creare corridoi umanitari per donne e uomini in pericolo e dare accesso alle nostre università ai giovani rifugiati afgani.

Le università sono pronte

Le università italiane sono pronte. L’Università per Stranieri di Perugia, che rappresento, è disponibile a erogare borse di studio nei propri Corsi di lingua e cultura italiana, per permettere a chi arriverà in Italia di imparare rapidamente la lingua. I molti atenei che fanno parte di Runipace (Rete Università per la Pace) condividono i valori dell’accoglienza, del dialogo, dell’inclusione.

All’appello all’accoglienza, le università italiane sono pronte a rispondere con immediatezza. Diamo allora a tutti i rifugiati che arriveranno la possibilità di studiare. Nel disastro afgano, avremo almeno piantato un seme di speranza per il futuro.

© Riproduzione riservata