Ora che l’attenzione per il caso Greta Beccaglia, l’inviata di Tv Toscana che è stata palpeggiata fuori da uno stadio, è lievemente calata, credo sia il caso di affrontare l’accaduto partendo da lontano. Magari lasciando il parcheggio di uno stadio popolato (anche) da incivili molestatori e tornando nello studio di quella tranquilla tv locale che ha sede a Campi Bisenzio, provincia di Firenze.

Perché se è vero che Greta Beccaglia è stata molestata da un uomo e umiliata dal suo gesto schifoso, è altrettanto vero che dovrebbe finire un’epoca, ovvero quella delle donne umiliate da una frequente e degradante linea editoriale del giornalismo sportivo in questo paese, soprattutto nelle tv private, ma non solo.

Greta Beccaglia, nonostante sia stata definita “giornalista” da tutti i giornalisti e le testate del paese, nonostante si definisca così anche lei nella sua biografia, in realtà non è una giornalista.

Sia chiaro: chi scrive non ritiene il tesserino garanzia di talento e professionalità  ma, di fatto, non stiamo parlando di una giornalista iscritta all’ordine e neppure di una professionista che lavora in questo campo da tempo (la stessa ventisettenne Beccaglia mi conferma di aver appena terminato i due anni per presentare domanda per il tesserino).

Mi stupisce dunque l’immediata presa di posizione dell’ordine dei giornalisti della Toscana che rilascia strombazzanti comunicati pubblici offrendo assistenza legale a Greta Beccaglia e dichiarando che si costituirà parte civile, così da inaugurare una nuova moda: quella di proteggere un lavoratore che non appartiene al proprio ordine, mentre magari tanti giornalisti iscritti sono abbandonati a loro stessi, tra querele intimidatorie, aggressioni, minacce.

Qui sta il problema: perché c’era Greta Beccaglia fuori da quello stadio dopo un derby e non un/una giornalista con esperienza adeguata alla situazione e al ruolo? Mancano  forse giornalisti sportivi da inviare sul campo, in giornate magari più complesse di altre? Ve lo dico io: no.

Il tifoso ha diritto alla bella ragazza

É dunque il caso di interrogarsi sulla realtà delle tv locali che sono lo spaccato più genuino di questo paese in cui la donna forse non finisce più sui cartelloni pubblicitari abbinata a pneumatici o motociclette, ma è presente in quantità massiccia in programmi sportivi, in una avvilente quota specifica che è, molto spesso, “bella ragazza allo sbaraglio”.

Che sia in studio o fuori da uno stadio non importa, l’importante è che il tifoso dell’immaginario fantozziano, tra un rutto e un insulto all’avversario, abbia anche una bella donna da guardare. Magari anche da deridere. O da umiliare dopo una partita, anche perché una esperta ti rimette a posto, una con poca esperienza magari balbetta qualcosa e tanti saluti.

Girano da sempre gaffe virali di ragazze procaci e inesperte in tv locali e pure non locali che affiancano da copione conduttori uomini, spesso agè,  i quali le interpellano con l’atteggiamento paternalistico di chi consente loro di leggere i risultati delle partite. O chissà, di dire qualcosa, ma in un mondo di maschi, in un mondo a cui puoi accedere quasi esclusivamente se sei “gnocca” o, perlomeno, se sei “anche gnocca”.

Basta dare un’occhiata ai programmi sportivi nelle tv locali e non: è (quasi) tutto un pullulare di ragazze bellissime, chiaramente inesperte, talvolta imbarazzanti, messe lì sulla mensola alle spalle del conduttore come una coppa Italia.

Non sto dicendo che Greta Beccaglia sia imbarazzante o incapace, ma di sicuro è inesperta e non è una giornalista. «Non te la prendere», l’ha rassicurata, appunto, con quel tono paternalistico di cui sopra l’uomo in studio, che le si rivolgeva come fosse una bimba a cui qualcuno ha sfilato la merenda o sciolto la treccia mentre è seduta davanti, ai banchi di scuola.

E quindi pioggia di solidarietà a lei e insulti a lui, senza che nessuno sia capace di guardare l’episodio da una giusta distanza, dopo la sacrosanta indignazione nei confronti del molestatore.

Bisognerebbe smetterla di utilizzare le donne in modalità specchietti per le allodole nel calcio. Bisognerebbe smetterla di mandarle allo sbaraglio, di cercare ragazze a cui affidare il ruolo della gaffeur del giorno o quello della giornalista esperta se non è una giornalista esperta, ma sufficientemente bella da sfamare il tifoso medio o lo stereotipo del tifoso medio.

Perché sì, una mano sul sedere è una molestia, una donna inesperta o decorativa piazzata scientificamente nei programmi sportivi è parte di una cultura molesta che andrebbe punita con un daspo definitivo e irreversibile.

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