Il battibecco tra la premier e il capo dell’Eliseo è solo l’ultima puntata di una storia antica. Purtroppo Roma e Parigi non si capiscono o si manipolano a vicenda, sono stati rari i momenti felici di collaborazione. È una forma di concorrenza politico-diplomatica che sarebbe finalmente il momento di superare
Ciò che è accaduto a Tirana non è una tragedia. Ha ragione l’ambasciatore Stefanini: l’Italia diplomatica è adusa a corse ad inseguimento. Siamo entrati nei formati che contano quasi sempre al secondo giro. Il problema è che avevamo dei punti fissi: in generale gli Stati Uniti che supportavano la nostra partecipazione. Siamo sempre stati utili come ammortizzatore in caso di difficoltà.
Oggi il nostro problema è che siamo al largo in un mare agitato, senza riferimenti a cui ancorarsi nell’eventualità di pericoli seri. Inoltre la maggioranza di governo non è compatta e la Lega è rimasta su posizione euroscettiche, malgrado l’evoluzione dei Fratelli d’Italia. L’eurolegame più solido è Antonio Tajani, che non perde occasione per ribadirlo. È utile rammentare a tal proposito che i mercati guardano alle sue posizione come ad una garanzia: un eventuale rischio di sganciamento dell’Italia farebbe volare lo spread e ci butterebbe nella bufera. Il nostro (enorme) debito è garantito dall’euro e dalla Germania in primis.
Con la Francia abbiamo sempre avuto un problema di concorrenza politico-diplomatica. Se oggi le relazioni Macron-Meloni paiono al minimo non si tratta di una novità: lo erano anche quelle Chirac-Dini, pur se meno mediatiche. Nicolas Sarkozy non si intese mai con Silvio Berlusconi (ricordate i sorrisetti con Angela Merkel?). Pur se francofono e simpatizzante della cultura francese, il Cavaliere fu respinto dai media e dalla società francese (inclusa la destra) mentre Prodi era personalmente apprezzato dai francesi un po’ di ogni sponda. Questione di opportunità, di fasi, di equilibri mutevoli. Forse di chimica. Berlusconi non se la prese e virò sugli anglosassoni.
Monti-Hollande fu un tempo davvero felice: non si videro mai così tanti ministri francesi a Roma. Poi si rientrò nel solito schema di sorrisi (amari o “gialli” in francese), incomprensioni, competitività e finte complicità. Basta guardare ai dossier mediterranei: su Libia, Tunisia e Libano non si è riusciti a lavorare assieme nemmeno quando ciò era un’evidente convenienza comune. In Libia ci siamo addirittura schierati su fronti opposti dal punto di vista militare (Roma con Tripoli; Parigi con Haftar) e ancora oggi non si riesce a superare tale impostazione.
In genere Roma soffre l’attivismo francese lamentando di essere messa a parte delle iniziative solo a cose fatte. Si dice di volere una relazione simile quella franco-tedesca, ma non è vero: ci si è abituati a fare i battitori liberi. Il paradosso è che invece i militari francesi e italiani si intendono davvero bene e, con l’appoggio della politica, potrebbero fare cose egregie. Parigi ritiene in genere gli italiani inaffidabili non per mezzi o volontà, ma perché prima di fare alcunché chiamano sempre Washington per conferma.
Considerata l’attuale imprevedibilità dell’amministrazione Trump, Emmanuel Macron vorrebbe un’Italia più “europeista”, anche se ciò a Roma viene percepito come “francofila”. Si pensa che il presidente francese sia debole e che strumentalizzi i dossier europei a fini interni: vero solo in parte. Lo stesso accade in Francia: si crede che gli italiani usino le critiche all’Eliseo per motivi interni, visto che attaccare la Francia non ha conseguenze. Uno schema da capri espiatori biunivoci o da zimbelli reciproci.
I francesi dovrebbero capire che a Roma, pur ammettendo che i francesi sono più rapidi in termini di iniziativa politica, non ci si arrende ancora all’evidenza di un presidente Usa troppo imprevedibile, pensando che alla fine prevarranno “i fondamentali”. E poi c’è da vedere cosa farà Berlino, a cui Parigi è legata per la politica estera e Roma per l’industria manifatturiera. Da entrambe le parti sono posizioni classiche pur cambiando i toni.
Niente di irreparabile anche se sarebbe utile un faccia a faccia più franco o tramite intermediari di fiducia. Purtroppo l’impressione è che tutto resterà com’è, almeno per ora.
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