Per il sistema della viabilità (strade e autostrade) del dopo-virus, occorre uno sforzo di immaginare un futuro diverso dalla realtà attuale.

I motivi per cui occorre cambiare sono pressanti: innanzitutto per i pessimi risultati conseguiti dividendo il sistema in due tra autostrade a pedaggio, affidate in concessione, e viabilità ordinaria.

E’ un errore in termini strettamente tecnici e funzionali: molte superstrade gratuite hanno caratteristiche autostradali, inoltre, il traffico insiste soprattutto sulle brevi e medie distanze dove si hanno i maggiori problemi di inquinamento e congestione.

L’insufficiente manutenzione, causa di gravi incidenti, emersa nella vicenda Autostrade per l’Italia (Aspi) non deve trarre in inganno: mediamente le autostrade sono in migliori condizioni della viabilità ordinaria, spesso in condizioni colpevolmente deplorevoli: tappare buche dell’asfalto non crea consenso elettorale, e, nonostante l’enorme flusso di risorse che gli utenti della strada versano all’erario non vi è alcuna normativa che obblighi ad usare una parte di questo flusso per manutenzioni.

I peccati originali

Le concessioni autostradali poi sono state programmate e gestite nel peggior modo possibile: nessuna reale concorrenza negli affidamenti, con la creazione tutta politica a fine Novecento di un soggetto dominante (Aspi), che gestisce il 75 per cento dei ricavi del sistema su 3.000 chilometri di rete mentre le economie di scala si esauriscono a circa 300 chilometri.

A questo va aggiunto lo scarsissimo impegno pubblico nel controllare i comportamenti dei concessionari, un livello di profitti assurdo, e concessioni immotivatamente lunghe.

Le ragioni politiche ed economiche di tale comportamento sono solidissime: le autostrade sono “galline dalle uova d’oro” e al banchetto lo Stato ha una parte di tutto rispetto sotto forma di carico fiscale sui profitti e di canoni di concessione.

Infatti il sistema tariffario è del tipo “ai costi medi”, cioè fa pagare agli utenti non solo i costi di manutenzione e gestione, ma anche la maggior parte dei costi di investimento, al contrario di quanto accade con le ferrovie.

Ma perché la gallina-utente non strilla ad essere così spennata? A rigore, i camionisti strillano un po' in quanto già tassatissimi sui carburanti, anche se alcuni incredibilmente continuano a sostenere che il rimborso di una quota parte delle accise sarebbe un sussidio. Ma la maggior parte degli utenti non fiata, per due solide ragioni.

La prima è l’impossibilità tecnica di organizzarsi. A differenza dei pendolari sui mezzi pubblici, molto “vocali”, gli automobilisti viaggiano isolati nello spazio e nel tempo.

La seconda ragione è l’elevata utilità che gli utenti ricavano nell’uso del sistema stradale: le alte tasse sulla benzina come gli alti pedaggi autostradali, non hanno determinato rilevanti cali di domanda o spostamenti su altri mezzi di trasporto meno tassati (treni ed aerei). In termini economici, la domanda si rivela molto rigida. La gallina-utente è contenta: anche se spennata, non strilla

Abolire le concessioni 

Il “che fare?” a valle di queste considerazioni è davvero semplice: riunificare la pianificazione e la gestione dell’intero sistema stradale, abolendo gradatamente le concessioni autostradali man mano che gli investimenti risultino ammortizzati, cioè pagati dagli utenti, come sta avvenendo in Spagna (in realtà abbiamo dimostrato che andrebbero abolite da subito, ma siamo realistici…).

Questo non comporta affatto la pubblicizzazione del sistema opzione anch’essa assai poco desiderabile se si considerano i risultati della gestione tutta pubblica della viabilità ordinaria.

Ma, certo, pubblica e unitaria, deve essere la pianificazione dell’intero sistema della viabilità: oggi non lo è affatto.

La costruzione di nuove tratte giustificata dalla domanda, deve avvenire in gara, come per la viabilità ordinaria. Tuttavia, la crescita della domanda, fortemente connessa al Pil, non sarà certo impetuosa e tale da recuperare in tempi brevi anche solo la situazione ante-virus.

La manutenzione deve essere affidata con gare periodiche, tenendo conto di ragionevoli economie di scala. E il finanziamento? Ovvio, con una quota dei ricavi fiscali netti del settore (40 miliardi all’anno, si ricorda).

In presenza di minori vincoli di bilancio, consentiti dalle risorse europee, si potrebbe anche rendere il prelievo sui carburanti proporzionale ai costi ambientali del settore, cioè più efficiente (oggi per molti segmenti della domanda tale prelievo è molto superiore agli standard raccomandati a livello internazionale).

Esiste anche una forma più efficiente di prelievo rispetto a quella sui carburanti, già largamente sperimentata con successo: i pedaggi elettronici, anche satellitari, per ridurre la congestione, quando e dove questa si presenti.

Dunque, emerge la necessità di semplificazioni e cambiamenti radicali rispetto ad un passato di gravi errori economici e gestionali.

Purtroppo la vicenda della concessione di Autostrade non sembra affatto abbia ridotto gli appetiti, pubblici e privati, su quella che abbiamo definito “gallina dalle uova d’oro”, cioè gli utenti: nessuno accenna minimamente alla necessità di tutelarli maggiormente, soprattutto considerando il fatto che hanno già pagato, e probabilmente più di una volta, gli investimenti.

E questo non solo per ragioni di equità, ma anche di efficienza economica.

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