Non due, ma una sinistra (nuova). È questa la sfida di Mamdani

Troppo semplice spiegare la vittoria di Zohran Mamdani a New York con il successo della GenZ contro gli ultraricchi. Mamdani rappresenta più di questo. Si vedrà se riuscirà a realizzarlo. Quello che il neosindaco ha promesso – suscitando vero entusiasmo - è la saldatura tra vecchia e nuova sinistra: connettere assieme la battaglia per eguaglianza sociale, giustizia e anticorruzione con quella dei diritti (black lives matter, lgbt e così via). Senza dare priorità a nessuna delle due ma mixandole assieme. La lotta sulla casa e sull’abitare, quella sulle tasse e sulla povertà urbana sono i temi della vecchia sinistra, pur sempre validi e brucianti. La battaglia per immigrazione e minoranze rappresenta la nuova sinistra: argomenti comunque scottanti. Saldarli assieme è creare una nuova coalizione maggioritaria: esattamente ciò che Obama non è riuscito a fare nel suo secondo mandato e che Andrew Cuomo non poteva intrepretare perché rappresenta un partito democratico invecchiato e intimidito dalle destre. Obama aveva fatto sperare questo nei suoi primi quattro anni, ma poi aveva cambiato linea e nel secondo quadriennio aveva abbracciato una politica securitaria (è lui ad iniziare le deportations). Per capire gli Usa bisogna intendersi sui termini che si usano: socialismo in America scandalizza quasi quanto comunismo, mentre da noi in Europa c’è chi ritiene i socialisti perfino di destra… Razza per noi europei fa rima con immigrazione; in America invece è un tema enorme perché gli afroamericani non sono immigrati e portano avanti la battaglia antirazzista con la decisione di chi difende l’identità nazionale americana. Il muro legale di Mamdani. «Faremo di New York una città a prova di Trump» Quando si discute di razza noi europei dobbiamo sempre pensare che la società Usa è profondamente razzializzata a causa della sua storia, molto diversa da quella europea. Schiavismo e segregazione razziale sono questioni sociali di cui noi europei non immaginiamo la portata simbolico-politica che hanno negli Stati Uniti (qualcosa possono capire i sudafricani). Si tratta di un argomento del tutto distinto dal tema migratorio, che oggi per lo più riguarda i latinos. L’elezione di Mamdani è anche una notizia controcorrente: la più grande città ebraica del mondo (o la seconda) elegge un sindaco musulmano. Il clash di civiltà non c’è stato: al massimo si tratta di una culture war dentro tra cristiani nazionalisti/conservatori e gli altri. Sono tutte immagini che riflettono il dibattersi di una grande democrazia, sfidata dal trumpismo che vorrebbe richiamarsi alle radici storiche americane (in gergo ideologico-politico si chiama originalismo) con un misto di nostalgia (quando eravamo grandi...) e di emotività religiosa (quando avevamo fede...). A questa visione, che possiede una sua radice legittima anche se enfatizzata (qualcuno dice manipolata), Zohran contrappone quella della nazione della Statua della Libertà. Alla base della statua c’è questa iscrizione: «Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare libere, i rifiuti miserabili delle vostre coste affollate. Mandatemi loro, gli scossi dalle tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata». È un brano della poesia di Emma Lazarus intitolata significativamente “Il nuovo colosso”, che vede la potenza dell’America nella sua capacità di includere e creare un mix fertile di tante razze, nazioni, religioni (come fece la Roma Antica). Tsunami Mamdani. Forza (e fragilità) della riscossa dem Si può sostenere che Trump e Mamdani hanno la medesima aspirazione: fare grande l’America, ma due itinerari molto diversi. Polarizzandole, le due posizioni sembrano irreconciliabili ma guardandole con lucido distacco non sono poi così diverse. L’“America Grande” che sognano: come si fa? Fu lo stesso dilemma dei padri fondatori ed estensori della Costituzione: hanno la sensazione di vivere in un paese destinato alla grandezza, ma si dibattono tra due estremi. Se e quando il pendolo si fermerà con naturalezza, gli Stati Uniti avranno la sintesi a cui aspirano, senza violenza perché vi sarà finalmente il reciproco riconoscimento che oggi manca.