Con lucidità, ironia e un po’ di malizia nel suo articolo su Domani Alberto Melloni sparge la cenere sui più recenti tentativi di dar vita a nuove formazioni in nome della antica gloria del cattolicesimo politico. Temo che abbia qualche ragione, anche se sono ragioni che il vecchio animale politico che sonnecchia in me a volte vorrebbe contrastare.

Si fa una certa fatica ad essere troppo severi con i molti tentativi in atto. Dietro quei tentativi c’è la buona volontà di persone per bene verso cui ho riguardo. E rispetto la loro speranza che possa tornare, per tutti noi, un tempo più propizio.  Ma così non è.

Da anni, ormai, il cattolicesimo politico è afono, ripiegato su se stesso. O peggio ancora, tentato da illusioni e nostalgie che rivelano l’esaurimento della sua spinta vitale.

C’è più di una ragione dietro tutto questo. La prima è che non siamo riusciti a trovare, insieme, una spiegazione convincente della fine della Dc, che del cattolicesimo è stata l’esperienza politica cruciale. Perché sia finita in quel modo, da un giorno all’altro. Perché la gran parte dei suoi dirigenti sia approdata da una parte e la gran parte dei suoi elettori sia approdata dalla parte opposta. Perché dinanzi a tutto questo si voglia cercare un colpevole, o magari invece invocare un rito di assoluzione collettiva (che forse ci meriteremmo pure, visto chi è arrivato dopo). Perché di quella fine, e degli ultimi giorni del partito che fu, si abbia tra noi sentimenti così diversi, che spaziano dall’orgoglio alla vergogna.

 E’ continuata così in questi anni una sorta di guerra civile tra noi che rende ancora più improbabili i tentativi di radunare sotto le stesse bandiere persone che non hanno saputo riconoscersi in una spiegazione comune di quello che è successo. E infatti, non appena si passa dalla poesia alla prosa, e si tenta di dar vita a qualcosa di più “politico” (un partito, una lista, perfino un raduno) si va a sbattere contro un muro di diffidenze, di svogliatezze e di equivoci. 

Diciamola tutta: una parte del mondo cattolico ha immaginato che, una volta messa la vecchia Dc sul banco degli imputati, ne sarebbero discese occasioni e delizie per tutti i cattolici che avevano ancora voglia di impegnarsi sul terreno politico.

Peccato che sia accaduto il contrario. E cioè, che non appena spenta la fiammella esausta del partito democristiano, nessun fuoco impetuoso sia mai più venuto ad illuminare la cittadella dei cattolici che volevano far sentire la loro voce anche sui laici destini del loro paese.

In queste condizioni la generosità di vecchi e nuovi militanti e la benedizione di vescovi pensosi delle sorti politiche non pare destinata a produrre grandi frutti.

Molto meglio, allora, dedicarsi a un’attività di formazione. Prendere atto che la nostra generazione, quella che ha lambito la fine della Dc e partecipato in qualche modo alle (dis)avventure della seconda repubblica, è fuori gioco. E mettere però il suo talento, la sua passione, i suoi ricordi, a disposizione dei più giovani. I quali nulla sanno del nostro passato: né dell’ascesa né del declino. Ma proprio perché non ne sanno nulla lo possono riscoprire senza pregiudizio, e magari, chissà, perfino trovarvi gli spunti per dare al nostro paese e alla nostra politica un destino meno amaro di quello che il populismo prepara loro.

Ci sono, già oggi, molte iniziative che maturano in questo campo. E’ stato citato giustamente il lavoro di padre Francesco Occhetta. Accanto a lui ci sono molti altri che coltivano la memoria non per imprigionarla in una teca che resti lì a impolverarsi inutilmente, ma per immaginare un futuro che saldi il suo debito con la parte migliore del passato della nostra tutt’altro che illusoria democrazia.

  Io penso che se mettiamo la nostra energia a disposizione di questo compito formativo, ne può scaturire qualcosa di buono. Che magari un giorno o l’altro diventerà anche il lievito per nuove forme politiche che oggi è difficile immaginare. 

Tra la coltivazione di “un partitino al profumo di incenso” (copyright Melloni) e la rassegnazione a “partitoni" che non sanno di niente, ci dovrà pur essere un piccolo, tortuoso sentiero, nascosto da qualche parte, che corre nel mezzo.

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