Quando in un sistema politico due sole persone vengono ritenute capaci di svolgere i compiti più importanti: presidente della Repubblica e capo del governo c’è un problema. Quando entrambi avevano annunciato di avere aspettative e prospettive diverse, Draghi il Quirinale, Mattarella la vita privata, e hanno dovuto rinunciarvi, il problema è ancora più grave.

Da potenziale king, sembra che Draghi si sia sentito obbligato a trasformarsi in kingmaker convincendo Mattarella a lasciarsi incoronare per salvare il governo delle forse troppo larghe intese e consentirne l’essenziale prosecuzione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Non posso unirmi a lodi sperticate e talvolta ipocrite sul senso di responsabilità di entrambi. Valutazioni diverse ed esiti diversi, nient’affatto peggiori, erano sicuramente possibili. Credo che adesso Draghi e Mattarella dovrebbero riflettere sulle loro azioni, forse errori, e sulle conseguenze prossime e future.

Davvero in Italia, nella sua politica, non c’erano alternative? Non si trovava un altro capo del governo in sostituzione di Draghi? Non esisteva un altro uomo/donna delle istituzioni in grado di succedere a Mattarella? Sarebbe gravissimo.

Non sono gli scontri, le inadeguatezze, le incapacità dei parlamentari e dei loro partiti a segnalare quello che troppi definiscono una crisi di sistema e invece è la fisiologia della democrazia parlamentare italiana. Tutti gli inconvenienti sono da tempo tanto noti quanto, con pazienza (virtù che i mass media non sanno praticare), faticosamente e almeno parzialmente, rimediabili.

La crisi di sistema è clamorosa, ancora incombente, potenzialmente esplosiva specialmente quando il sistema è appeso all’esistenza di due e due sole personalità.

Non basta, come ha detto a caldo il rieletto presidente Mattarella, garantire «l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini». “Vaste programme”, sosterrebbe un altro grande presidente, Charles de Gaulle, che, peraltro, ebbe e utilizzò notevoli poteri esecutivi. Bisogna capire in che modo interpretarle, sapendo che il presidente della Repubblica difficilmente riesce ad andare oltre la classica moral suasion (lasciando il tempo che trova).

Uscito indebolito dalle elezioni presidenziali, le tensioni dentro la sua maggioranza essendo cresciute, Draghi avrà molti problemi a governare a maggior ragione se i partiti daranno inizio alla danza della fibrillazione elettorale.

Frequente diventerà il ricorso ai decreti e pesante lo schiacciamento del Parlamento le cui decisioni (sic) Mattarella afferma di avere voluto rispettare. Vorrà/saprà il presidente rieletto contribuire al ristabilimento di un equilibrio positivo fra governo e  parlamento? Oppure Draghi continuerà come uomo un po’ più solo, con diminuito consenso, approfittando dello stato di necessità e contando sul sostegno di Mattarella? La ripartenza di entrambi mi pare poco promettente e tutta in salita.

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