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L'atto di accusa: «I rapporti del Ros mettono in luce l'incredibile ed inspiegabile insuccesso di anni di ricerche in quel ristretto territorio compreso tra Castelvetrano e Campobello, costantemente setacciato e controllato con i più sofisticati sistemi di intercettazione e di video-sorveglianza».
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Per settimane sotto processo è stato tutto il paese dove Matteo Messina Denaro si nascondeva, gli abitanti accusati di essere omertosi. Ma cosa avevano fatto le forze di polizia?
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Laura Bonafede, l'amante di Matteo, era sott'osservazione fino a due mesi prima dell'arresto di Matteo ma nessuno si è accorto di nulla. Ancora il magistrato: «Cercate materiale sui suoi affari criminali in altri covi».
Finalmente c’è un giudice che ragiona con la sua testa e non si fa abbagliare dai lampi intorno al fu Matteo Messina Denaro. Scriviamo “fu” perché da molto tempo andiamo sostenendo che il celebrato latitante catturato il 16 gennaio scorso in Sicilia non era il capo dei capi di Cosa Nostra, né delle cosche trapanesi né tantomeno godeva della confidenza degli altri membri della sua consorteria. Non lo invitavano più ai summit che organizzavano per spartirsi il pizzo sugli appalti, non lo consulta



