Archiviato il 25 aprile, pensiamo alla festa dei lavoratori del primo maggio sul palco di piazza san Francesco ad Assisi. I temi principali saranno la pace, il lavoro e la crescita del paese. Il segretario della Cgil sarà l’attore protagonista, ma cerchiamo di guardare avanti.

Il futuro di Maurizio Landini si apre sulla strada della politica. L’uomo che più di tutti rappresenta il mondo operaio ed è popolarissimo. In poche parole, quello di cui ha bisogno il Partito democratico.

Landini porterebbe in dote un’importante fetta di elettori che potrebbe far salire il Pd al 25 per cento e, affidandosi alla provvidenza, forse anche oltre. Significherebbe la vetta da primo partito, che vorrebbe dire vincere le elezioni. È quello che manca a Enrico Letta per non ritrovarsi nel guado di un pericoloso testa a testa con Fratelli d’Italia.

È un processo naturale dal sindacato sfociare nella politica. Landini ci aveva già pensato, progettando di sfidare Matteo Renzi, ma poi aveva saggiamente desistito. Allora era troppo presto.

Luciano Lama ha lasciato il sindacato a 65 anni, Franco Marini a 70, Giorgio Benvenuto a 59, Fausto Bertinotti a 54, Sergio Cofferati è diventato parlamentare europeo a 59 anni. Alle elezioni del prossimo anno Landini ne avrà 61 e mezzo, perfettamente nella media.

I suoi rapporti con Mario Draghi sono partiti con fiducia. Dell’attuale presidente del Consiglio, Landini ha detto: «Mario Draghi ha consultato le parti sociali prima di fare il governo. È una novità importante».

Il Partito democratico non può più esimersi dal recuperare la sua antica sensibilità verso le disuguaglianze sociali. Negli ultimi anni il voto degli operai è emigrato nella Lega, quello dei disoccupati nel Movimento 5 stelle.

Enrico Letta è un uomo intelligente. Saprà sfruttare la forza di Maurizio Landini per riportare al Partito democratico la sua primordiale anima operaia. Magari è solo un sogno, ma vale la pena di provarci.

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