Il ministro Zangrillo ha dichiarato che tra pochi giorni verrà lanciata una campagna sul «valore del posto figo, anziché del posto fisso nella Pubblica Amministrazione».  
La “generazione Erasmus” non è più attratta dal lavoro nella Pubblica amministrazione, un fatto sulle cui cause sono stati spesi fiumi di parole. Riflettiamo: qual è il valore del “posto fisso” nella PA? La Costituzione dedica due articoli alla Pubblica amministrazione. Nell’art. 97 alla PA viene dato l’arduo compito di assicurare «l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico». Poiché il debito pubblico, in un sistema di cambi fissi della moneta, è frutto della differenza tra entrate e uscite, e la PA, col venir meno delle “partecipazioni statali”, non contribuisce più all’economia, ovvero alle “entrate” dell’Italia; può solo influire eliminando le “spese”.

Il costo del lavoro è quello su cui è più facile agire. Questo ha comportato un’esigenza di “dimagrimento” della PA, che nel corso degli ultimi venticinque anni è stata oggetto di “riduzioni di organico”, “tagli lineari” e perfino del “blocco degli stipendi”. L’art. 97 dice anche che «…i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione».

In nome dell’uniformità di comportamento e del controllo della spesa nella PA si sono introdotte procedure, informatiche e non, che hanno molto limitato la libertà d’azione dei dirigenti, tramutati in controllori di gestione; dei funzionari e perfino dei professionisti. Per anni si è pensato addirittura di sostituire il dipendente pubblico con un software.

L’art. 98 dice che «i pubblici impiegati sono ad esclusivo servizio della Nazione». È grazie al senso dello Stato e all’abnegazione di molti di loro che, nonostante i tagli, il calabrone PA italiana vola ancora. Quando si prendono decisioni scomode in nome della collettività non è opportuno che il proprio stipendio dipenda da esse e qui sta il senso delle garanzie del “posto fisso”, anche se tra privatizzazioni, chiusure e tagli negli enti pubblici il posto fisso nel pubblico impiego non è più tale da tempo (non ce ne voglia Zalone).

Ma cosa rende un lavoro “cool”? Secondo Maslow è un lavoro che permette l’autorealizzazione dell’individuo, per questo Flepar ha sempre chiesto che i professionisti possano entrare nella PA nell’area della dirigenza, per avere l’autonomia decisionale necessaria a proporre le proprie idee e crescere. Pensate che un ingegnere con un master o un dottorato possa sentirsi realizzato a entrare nella PA come funzionario nella “quarta area” solo per la denominazione “elevate professionalità”?

L’Italia, non solo la PA, sta perdendo i giovani laureati perché non dà loro una chance di crescita, non dà futuro. Al Ministro Zangrillo chiediamo tre cose a costo zero.

Primo: abolire ogni ostacolo alla mobilità dei lavoratori nella PA creando una sana concorrenza tra le PA stesse, quelle amministrazioni dinamiche che valorizzano il personale e i dirigenti dotati di vera leadership, avranno la squadra migliore. Secondo: adottare nella PA i principi della qualità totale, con un canale per ascoltare le proposte di miglioramento dal basso. Terzo: adottare un modello organizzativo basato sulle competenze e sul “comando flessibile”, come da sempre Flepar propone.

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