Oltre che opporsi al green deal, Giorgia Meloni a Bologna si è esposta verso la Ue. I dazi interni sono proprio ciò che l’Unione non è ancora riuscita ad abbattere. Toglierli creerebbe una vera Unione quasi federale. Sarebbe anche un’indiretta risposta alla politica di Trump
Interessante il discorso di Giorgia Meloni all’assemblea di Confindustria a Bologna.
Da una parte ci sono le consuete critiche alle posizioni “ideologiche” della Unione Europea come quelle sul Green Deal. Ormai da qualche tempo quasi tutti i leader europei chiedono continue revisioni delle scadenze “verdi” e tale linea non è più solo patrimonio delle destre europee ma anche dei liberali e alla fine anche delle sinistre che non se ne lamentano più di tanto per motivi manifatturieri e produttivi.
L’obiettivo del 2035 per le auto elettriche è svanito; tutti i target delle diverse COP stanno evaporando. I verdi europei resistono per fare da stampella all’estrema sinistra ma per lo più le loro posizioni (maggioritarie) sulla guerra in Ucraina li allontana dalle sensibilità originarie (più armi non significa certo più green) spingendoli altrove. Solo la Santa Sede rimane paladina assoluta dell’ecologia integrale come anche papa Leone XIV ha ricordato recentemente citando la Laudato Sì del suo predecessore.
D’altronde si comprende: la Chiesa guarda ai problemi dell’ambiente partendo dal basso. A ogni violazione dell’ambiente corrisponde sempre una violazione dei diritti umani e della vita sociale, così si sostiene. Ma l’aspetto più interessante dell’intervento della Presidente è stato quello sui “dazi interni” alla UE. Anche se presentata come una critica all’Unione, si tratta in realtà di una posizione super-europeista, quasi federalista.
I cosiddetti dazi interni non sono un’imposizione delle istituzioni europee ma il resto del sovranismo degli stati a protezione nazionale delle loro prerogative. Eliminarli significherebbe creare un campo aperto uguale per tutti, senza considerazione per le differenze socio-economiche e anche produttive dei vari territori europei. Eliminerebbe anche le diversità tra professioni e tra professionisti di paesi diversi, rendendo inutili albi e così via. Tra l’altro ci sarebbe da studiare quali ulteriori impatti dopo le infinite polemiche sulla vecchia direttiva Bolkestein…
Europeizzare il mercato interno
I dazi interni rappresentano gli sbarramenti normativi tra stati che il processo di integrazione europeo non è riuscito ancora a rimuovere. Stanno lì per proteggere interi settori di prodotti o di servizi così come i regimi fiscali diversi, prezzi diversi o il diverso riconoscimento di titoli professionali. Com’è noto solo pochissime professioni sono armonizzate a livello europeo.
Dire che occorre abbatterli significa “europeizzare” tutto il mercato interno (produttivo, di lavoro, di servizi e professionale) con il risultato di ottenere un level plain field uguale per tutto e per tutti. L’impatto sarebbe immenso con una crescita positiva sicura ma anche con la creazione in un primo momento di disparità tra territori, oggi frenate o celate. Si tratterebbe del sogno europeo auspicato dai federalisti e da ogni genere di unionisti che il processo integrativo ha prodotto fino ad oggi.
Quindi la lettura esatta delle parole della Premier è che si è espressa in termini molto filo-europei, più di quanto ci si potrebbe aspettare da chi a lungo ha criticato le politiche dell’Unione. Non si tratta di una assoluta sorpresa: da Palazzo Chigi le cose si vedono diversamente che da Montecitorio.
Ogni “barriera interna” che cade favorisce un paese come il nostro dove i prezzi sono più bassi e questo riguarda tutto, anche la formazione di ottimi professionisti. Dopodiché se cadessero tutti i “dazi interni” c’è da aspettarsi anche un aumento dei costi, dei prezzi e dei salari che anche gli italiani dovrebbero sopportare, alla ricerca del livello medio continentale. Ma in fondo non è questo che in tanti desiderano? E cioè che l’Italia abbia gli stessi livelli dei migliori paesi europei? E che infine anche le retribuzioni aumentino, magari per effetto dei mercati e non per legge? Un’ultima osservazione: eliminare i dazi interni è una politica liberale, se si vuole liberista. Un bel assist a chi difende il libero mercato e un’indiretta risposta alle politiche trumpiane.
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