Mi sono sempre fatto una certa idea del patriottismo. Per Cicerone ubi patria ibi libertas, che poteva essere vero per la Roma repubblicana, ma altrove in quel mondo la situazione era certo molto diversa. Per me, patria è dove si è affermata e esiste la libertà.

Ne consegue che patriota è colui che si propone di acquisire la libertà nel luogo in cui vive e lotta per questo obiettivo. Conduce la lotta utilizzando, se possibile, le regole esistenti, ma anche violandole, se necessario, nella piena consapevolezza che la sua disobbedienza civile comporterà un prezzo da pagare.

Il/la patriota pagherà quel prezzo nella speranza/convinzione che le regole inadeguate, obsolete, repressive verranno rifiutate da un numero crescente di cittadini e, appena possibile, saranno riformate.

Il patriota pensa che la storia del suo paese meriti di essere riletta nella sua interezza, compresi gli inevitabili periodi oscuri, che dovranno essere non nascosti né trascurati, ma criticati proprio in nome della libertà.

Il patriota sa che il futuro della patria si costruisce proprio riflettendo criticamente sul passato e formulando progetti sempre all’insegna della libertà.

Oltre i confini

Imparando dalla storia, il/la patriota è giunto a ritenere che la libertà non si difende e meno che mai si amplia chiudendosi nei confini della patria “geografica”.

In uno slancio progressista, il patriota pensa che la libertà in solo paese, a maggior ragione in un mondo globalizzato, sia tanto improbabile quanto lo fu il socialismo in un solo paese. L’esistenza di popoli non liberi, dalla paura e dal bisogno, variamente oppressi, rende la libertà in altri luoghi sempre fragile, a rischio, sfidata dai nemici delle società aperte.

Al contrario, l’aumento del numero delle società aperte e i miglioramenti nelle loro qualità sono il prodotto sia della competizione sia della collaborazione fra quelle società. Vedendo le società libere prosperare e garantire opportunità di vita preferibili a qualsiasi altra situazione, in maniera crescente i cittadini si attiveranno per ottenere anch’essi quelle condizioni di libertà tanto promettenti e efficaci.

Il loro patriottismo sarà “emulativo”. Non accetteranno mai lo slogan my country right or wrong. Anzi, cercheranno di mutare profondamente tutte le condizioni e tutti i fattori responsabili di quanto è sbagliato (wrong) nella politica/nelle politiche del loro paese.

A fronte di sfide globali, il/la patriota potrà giungere alla conclusione che l’unica o comunque la risposta migliore in termini di libertà è la collaborazione con altre patrie libere.

Questa collaborazione, secondo molti patrioti contemporanei, ha ragionevoli probabilità di successo nel quadro dell’Unione europea che, complessivamente, costituisce il più grande spazio di diritti e di libertà mai esistito al mondo. Rannicchiandosi nei suoi confini geografici e mentali, il nazionalista rischia di perdere anche la sua qualifica di patriota difensore e sostenitore della libertà.

Soltanto chi riesce a pensare e agire superando entrambi quei confini può sperare di mantenere e persino di accrescere le libertà sue e le libertà degli altri. Patrioti/e veri/e.

P.S. Ciò detto, concediamo generosamente tempo a Giorgia Meloni per chiarire in cosa il suo patriottismo differisca dal sovranismo. Esplicitati i criteri, potrebbe anche venire a conoscenza degli elementi che ha dichiarato di non avere per scoprire se Draghi meriti la qualifica di patriota, o no.

 

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