Diritto internazionale, principi della democrazia liberale e di civiltà sono messi a repentaglio dalla politica dei respingimenti, dalla chiusura dei porti, dall'affidamento per l'asilo a paesi inaffidabili sul piano del rispetto dei diritti umani.

Dobbiamo interrogarci sul perché i nostri valori, la nostra cultura civica vengano stravolti, non da altre culture, ma dall'ostilità di leadership fragili e impotenti di fronte ai problemi reali che, con ostilità, costruiscono il "nemico necessario" all’opinione pubblica.

Forze politiche aggressive raccolgono crescenti consensi fomentando la paura dell'altro, visto come diverso, prima che come umano.

Lo straniero, l'altro, è un nemico facile e redditizio in termini di consenso, un capro espiatorio ideale contro cui indirizzare l'insoddisfazione del presente e le paure del futuro.

Eurobarometro ci dice che, in Italia, il pregiudizio e l'avversione contro i migranti sono più forti che altrove e sono strettamente collegati con la più alta ignoranza sull'entità e le conseguenze interne del fenomeno.

Gli italiani sovrastimano la presenza di immigrati; danno per scontata la relazione immigrati/criminalità che è sostanzialmente infondata e contraddetta dai dati; ritengono, contro ogni evidenza, che la presenza di immigrati comporti una riduzione dell'occupazione e un peso insostenibile per il welfare state.

Non si rendono conto che la chiusura delle frontiere, l’irregolarità degli stranieri tenuti in clandestinità - una condizione che si fa reato - l'impossibilità di cercare occupazione- che gonfia il numero dei richiedenti asilo- sono fattori che rendono più onerosa e meno conveniente per l'Italia la loro presenza.

Per una qualsiasi società, aprirsi all'accoglienza dei migranti, al diritto che ciascuno ha di perseguire condizioni di vita migliori di quelle che si hanno nel paese di nascita è, non solo un dovere etico, ma anche una propensione vantaggiosa sotto il profilo economico e culturale.

Il diritto

 «Nessuno ha più diritto di un altro ad abitare una località della Terra», scriveva Immanuel Kant. Questo diritto non giustifica in alcun modo le azioni violente in casa altrui, le imprese volte al controllo di altri popoli. 

Al di fuori di queste fattispecie, qualcuno è in grado di citare un caso in cui gli immigrati abbiano provocato l'impoverimento del paese di approdo?

Quelli che emigrano sono il risultato di una selezione naturale dei migliori, dei più capaci e motivati, dei più istruiti, dei più attratti dalla cultura del paese di destinazione, dei più giovani.

L'Italia, paese di migranti, si scopre mèta di flussi migratori e, solo dagli anni Novanta, ha iniziato ad affrontare il tema, ma con provvedimenti non organici, rivolti al problema dell'ordine pubblico o, al più, dell'impiego di lavoratori stranieri.

In assenza di una elaborazione politica, vengono confusi due ordini di problemi: quello delle politiche di integrazione, che è un tema nazionale, per il quale si può contare su ingenti finanziamenti europei, e l'altro relativo al controllo dei flussi migratori, che è per definizione transnazionale.

Oggi, Giorgia Meloni richiede un coinvolgimento maggiore dell'Europa ma perché nel 2018, insieme ai sovranisti europei, fu contraria a che l'Italia firmasse e ratificasse il Migration Compact? Perché Salvini, da ministro, rifiutò di firmarlo?

E, se siamo contro lo sfruttamento delle persone, si può accettare che gli esseri umani su un barcone siano utilizzati come mezzo e non siano, invece, il fine?

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