- Ci siamo creduti immortali, qualche avveniristico centro di ricerca addirittura lo teorizzava; in ogni caso se ne parlava pochissimo, si usavano eufemismi per nominarla e i morenti venivano pudicamente allontanati dal racconto delle sorti progressive meravigliosamente in luce.
- La morte si è ripresentata due anni fa, con sublime maleducazione, sotto la maschera di una pandemia dalle origini ancora incerte ma dalle cause identificabili in responsabilità nostre di conduzione del pianeta.
- La vera cosa che ci fa paura non è tanto la guerra (il fantasma del nucleare pare comunque esorcizzato dall’enormità stessa del danno, e dalla convinzione che la deterrenza funzioni ancora) quanto il mutamento geopolitico che pare irreversibile.
I pozzi della comunicazione sono ormai avvelenati, parlare di Ucraina se non si hanno informazioni inedite o competenze precise è diventato un esercizio retorico o forse perfino esibizionistico; ogni “però” e ogni “siccome” rischia di essere considerato, da una parte e dall’altra, collusione col nemico. C’è una cosa sola che appare in evidenza non ideologica, e non strettamente legata a questa guerra ma piuttosto alle vicende degli ultimi vent’anni con progressiva accelerazione: la morte si è r



