- L’Italia è chiusa in troppi equilibri deteriori, che spingono cittadini, imprese e politici ad agire contro il bene comune. È soprattutto per questo che non cresce.
- Tutti sanno che il clientelismo li danneggia, per esempio, ma dove esso prevale rifiutarlo può significare non trovare lavoro. È un problema di azione collettiva, che si supera muovendosi assieme: nell’interesse proprio e comune.
- Affinché i cittadini agiscano assieme la politica deve dare loro un segnale credibile. Lo attendono da almeno tre decenni, e se non lo riceveranno il declino dell’Italia verosimilmente proseguirà.
Il discorso programmatico di Mario Draghi ha raccolto consensi anche più larghi della maggioranza che l’ha votato. Non voglio rovinare la festa, avendone beneficiato. Ma in quelle parole c’era un’omissione, tanto grave quanto inevitabile: l’azione collettiva. Per spiegarla devo partire da lontano. Sappiamo che in Italia le regole sono meno rispettate che nelle altre grandi democrazie europee: evasione fiscale, abusivismo edilizio, corruzione, mafie, clientelismo sono più diffusi, e anche i bi



