In tutto il cammino verso il voto, Giorgia Meloni è stata impegnata in una campagna volta a esaltare il suo ruolo personale. Dopo l’imposizione del marchio “Giorgia”, si è posta come madrina di una nuova Europa in grado di scaturire da una nuova coalizione e sostituire quella “innaturale” tra popolari, socialisti e liberali.

Il suo punto di partenza è l’esperienza italiana, dove tutte le destre, da quella inquadrata nei popolari (Forza Italia) a quella tra i sovranisti di Identità e Democrazia (Lega), passando per i conservatori di Fratelli d’Italia, stanno insieme. Qui emerge già il primo problema. Se Forza Italia riesce a digerire con difficoltà l’accordo con la Lega di Salvini (ma anche di Giorgetti, sembrerebbe), di Marine Le Pen non vuole proprio saperne. Se non altro per deferenza nei confronti dei propri partner del Ppe. L’esportazione del modello italiano non sembra allora così sicura.

Non è così certo che i numeri possano dar ragione e Giorgia Meloni. Il naturale e l'innaturale si scontrano necessariamente con il fattibile. L’alleanza tra i popolari e i due gruppi di destra potrebbe non raggiungere la metà dei seggi nel Parlamento europeo, mentre potrebbe farcela ancora quella “innaturale” tra socialisti, popolari e liberali. Il distacco è potenzialmente maggiore dopo l’espulsione di Afd da Identità e Democrazia e la defezione dei romeni di Aur dai conservatori. Tuttavia i popolari potrebbero “rinsavire” e far comunque naufragare l’alleanza “contro natura”.

Ma lo è davvero? Esempi di alleanze tra socialisti e popolari ce ne sono molte. Menzionerò qui soltanto, tra tanti, il caso delle grandi coalizioni tedesche dirette da Kiesinger negli anni ’60 e poi per ben tre volte da Angela Merkel. Ma forse la più stabile è proprio quella al Parlamento Europeo.

Due coppie di studiose/i Brack e Marié e Hix e Noury hanno recentemente calcolato gli indici di convergenza tra il PPE e gli altri gruppi nelle votazioni in seduta plenaria nel Parlamento Europeo. I due studi producono simili risultati. I liberali sono i più vicini. Seguono i socialisti. I conservatori di Meloni sono solo terzi. E i sovranisti? Ultimi dopo verdi e comunisti.

È quindi improbabile la sostituzione dei socialisti con i due gruppi di destra. Perché poi una tale coalizione possa esistere, essa dovrebbe comunque includere i liberali, per vari motivi ancor più incompatibili dei socialisti stessi con i sovranisti di Le Pen.

La nuova Europa di Meloni non può allora passare per la via da lei proposta. E forse potrebbe non essere la sua scelta prioritaria. È noto che una parte dei popolari è scontenta del contributo limitato che l’Italia sta portando al gruppo. Sicuramente il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, ha dimostrato qualche mese fa un forte interesse, adesso forse solo apparentemente affievolitosi, nel reclutare FdI nel suo gruppo, o almeno ad attrarlo in un’alleanza anche senza gli altri conservatori. Ma ancor di più, in questo caso, i numeri per prendere qualsiasi tipo di decisione importante senza i socialisti mancherebbero.

Il vero dilemma di Giorgia Meloni è questo: essere leader di una destra europea in fondo molto divisa, e non facilmente compattabile con il potere come in Italia, o uscire dalla marginalità, avvicinandosi realmente ai popolari, ma anche agli altri due alleati “innaturali”, e distanziandosi inevitabilmente dai sovranisti? La quadratura del suo cerchio, rappresentata dal convinto spostamento a destra dei popolari, non è immaginabile. Anche nel caso improbabile che il prossimo presidente della Commissione sia sostenuto nel voto di approvazione del Parlamento europeo senza il gruppo socialista da una coalizione di centro-destra e franchi tiratori di altri gruppi, ci sarebbe da domandarsi se i necessari compromessi che il Ppe dovrebbe trovare con i suoi aspiranti partner di destra, assai distanti su molte delle politiche più importanti, sarebbero considerati un prezzo accettabile da pagare per tale vittoria. Meloni sarà di fronte a una scelta difficile. La campagna elettorale è finita. La vera Giorgia europea la vedremo da domani.

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