Il Consiglio europeo ha deciso di non decidere in materia migratoria. Questo è l'esito del  vertice appena concluso.

Nonostante l'ottimismo esibito da molti, tra i quali il premier Mario Draghi, siamo ancora una volta ad una riunione che ne richiama un'altra, che si svolgerà in autunno, attraverso quel che appare come un rituale consolidato.

Tuttavia tale lettura, che vedo diffondersi rapidamente, sottovaluta un dato. 

Nell'incertezza delle decisioni si fa infatti strada, sempre di più, la logica che il parlamento danese ha esplicitamente sposato alcune settimane fa. Quella cioè della politica migratoria che si riduce nei fatti all'esternalizzazione dei confini di un'Europa ( lo ha ricordato di recente Pietro Bartolo) da concepire come "fortezza assediata".

Ora, la cosa, a ben guardare, non è nuova. In fondo anche azioni molto differenti tra loro come la realizzazione dei campi di concentramento libici, degli accordi (ben remunerati) con Erdogan e perfino l'assenza sostanziale di interventi di qualità in Bosnia nascono in questa cornice. Dunque non c'è da stupirsene.

Egemonia culturale di destra

Tuttavia io ritengo che questa strada sia sbagliata e, pure, dannosa e tragga origine da una lettura che è il frutto dell'egemonia culturale, in materia, espressa dalla destra. 

Ancora una volta, a prescindere dalle affermazioni di rito, si ritiene l'immigrazione come un "danno" da ridurre. Ciò è reso evidente dal fatto che non si garantiscono nuove vie legali d'accesso al  Vecchio Continente né si sperimentano corridoi umanitari di una qualche consistenza.

Tutto questo, peraltro,  non significa  frenare gli accessi illegali: le persone si accalcheranno ai confini e secondo modalità svariate periodicamente  tenteranno comunque di "arrivare".

Ovviamente, infine, si ignora totalmente la necessità esposta anche dal Presidente del Parlamento, David Sassoli, di dare vita a missioni di soccorso in mare di carattere europeo. 

Qualcosa, sul piano del salvataggio, lo faranno le ONG, se potranno.

Il Patto per l'immigrazione presentato dalla Commissione europea (una Commissione tanto illuminata e solidale in alcuni passaggi che riguardano la crisi pandemica e i suoi effetti e tanto incapace di innovare sul tema migratorio) alla fine non si discosta sul piano della filosofia dall'impostazione che si va affermando.

Il lavoro sporco

I costi per quel che concerne la tutela della dignità della persona e del rispetto, per l'appunto, dei diritti umani, sono facilmente immaginabili.

Ma il lavoro sporco che si materializzerà, dall'altra parte del Mediterraneo, in strutture dove detenere le persone - o come avviene invece in Bosnia in persone lasciate a loro stesse di fronte a confini blindati - si svolgerà lontano dagli occhi delle istituzioni europee e dei diversi governi.

Così si potrà continuare a diffondere buona retorica sul valore dell'accoglienza e a infarcire di richiami alla centralità dei "diritti umani" il comunicato conclusivo del vertice di  turno.

Del resto, occhio non vede e cuore non duole.

Ovviamente dovremo continuare a provare a usare tutti gli spazi disponibili per migliorare l'approccio e le scelte. 

Pratica, va detto, rispetto al tema in questione  sempre più difficile.

© Riproduzione riservata