Non molti si erano accorti della discussione in parlamento, negli ultimi mesi, di alcune modifiche costituzionali, definitivamente approvate nei giorni scorsi, con una maggioranza tale da non richiedere il referendum confermativo.

La tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, «anche nell’interesse delle future generazioni», è stata prevista tra i “principi fondamentali” della Costituzione – mai toccati dalla sua entrata in vigore – ed è stata rimessa alla legge dello stato la disciplina di «modi» e «forme» di tutela degli animali (art. 9).

Inoltre, salute e ambiente sono stati indicati tra i limiti alla libertà di iniziativa economica privata, che potrà anche essere indirizzata dalla legge a fini ambientali, oltre che sociali (art. 41).

Il nuovo art. 9

La salvaguardia dell’ambiente trova già espressa considerazione nelle costituzioni di 21 paesi europei, sulla scia di quanto disposto dall’Unione europea in una serie di atti.

Averne previsto la tutela anche nella Costituzione italiana –  in aggiunta a quella del «paesaggio» e del «patrimonio storico e artistico della nazione» – testimonia una più matura sensibilità del paese.

È vero che nel tempo la giurisprudenza costituzionale aveva ricondotto la tutela dell’ambiente a quella del paesaggio, ampliando a dismisura quest’ultimo concetto, nonché a quella della salute (art. 32 Cost.), intesa come ambiente salubre; e che, con la riforma del Titolo V, nel 2001, la tutela dell’ambiente – introdotta tra le materie su cui lo stato ha competenza legislativa esclusiva (art. 117, c. 2) – era stata riconosciuta «come “valore” costituzionalmente protetto».

Ma ora il suo inserimento tra i “principi fondamentali” la pone a tutt’altro livello. Il rischio è che, nonostante ciò, la salvaguardia ambientale resti per molti versi solo teorica, poiché – com’è noto – il nostro paese difetta nell’attuazione pratica.

L’innovazione costituzionale offre un concetto di ambiente esteso e sistemico, ma la sua definizione rimane comunque generica. Pertanto, proseguirà l’elaborazione della giurisprudenza nel tentativo di definirne estensione e portata, specie in considerazione della nuova rilevanza costituzionale.

Ai giudici continuerà, inoltre, a essere rimesso il non facile bilanciamento tra tutela ambientale e altri valori protetti dall’ordinamento. Basti pensare, ad esempio, che l’installazione di pale eoliche per la produzione di energia alternativa ha trovato spesso un limite invalicabile nella salvaguardia del paesaggio.

Va pure rilevato che l’attenzione alle generazioni future, ora espressamente citate riguardo al tema ambientale, non si rinviene nelle politiche pubbliche nazionali, né nella continua crescita del debito pubblico, a carico e a danno delle prossime generazioni.

Anche la protezione degli animali ora assurge a valore costituzionale, come nella carta di altri stati. La formulazione introdotta costituisce un punto di mediazione tra i diversi orientamenti emersi in sede di discussione: dalla tutela degli animali quali «esseri senzienti» (in conformità alla dicitura del Trattato di Lisbona dell’Ue) all’opzione di non prevederla in via espressa, poiché comunque inclusa nella nozione di biodiversità.

È ipotizzabile che la nuova disposizione comporterà interventi normativi, ad esempio, in tema di caccia, pesca, allevamenti intensivi e, comunque, là dove la tutela degli animali sia reputata prevalente rispetto ad altri interessi.

Il nuovo art. 41

Dopo la recente modifica, la Costituzione dispone che la libera iniziativa economica, oltre a non arrecare danno «alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana», come già prescritto, non debba nuocere nemmeno «alla salute e all’ambiente»; e che «la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata» a fini non solo «sociali», ma anche «ambientali».

Non è una novità che ambiente e salute costituiscano limiti all’attività di impresa. Ne fornisce dimostrazione da molti anni la giurisprudenza costituzionale, e in particolare quella sul caso Ilva.

Nelle decisioni della Corte su tale caso assume rilievo essenziale il bilanciamento tra la libertà di iniziativa economica privata (art. 41), il diritto alla salute (art. 32), da cui deriva l’interesse costituzionalmente rilevante all’ambiente salubre, e il lavoro (art. 4), inteso anche come attività svolta in un ambiente sicuro e non pericoloso, nonché come interesse al mantenimento dei livelli occupazionali.

Secondo la Corte, tale bilanciamento non può consentire «l’illimitata espansione di uno dei diritti», che diverrebbe “tiranno”, ma deve «rispondere a criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, in modo tale da non consentire né la prevalenza assoluta di uno dei valori coinvolti, né il sacrificio totale di alcuno di loro», garantendo così «una tutela unitaria, sistemica e non frammentata di tutti gli interessi costituzionali implicati».

Al riguardo, sorgono alcune considerazioni. Se, come detto, già prima della recente modifica costituzionale ambiente e salute rappresentavano limiti all’iniziativa economica privata, adesso il loro espresso riconoscimento come vincoli all’attività di impresa potrà indurre sia il legislatore sia i giudici ad attribuire ad essi un diverso “peso” nel suddetto bilanciamento.

Il rischio è che la novità costituzionale spinga a una sorta di “assolutizzazione” di tali valori rispetto all’attività di impresa, arrivando a “funzionalizzare” quest’ultima al perseguimento di interessi ambientali, se necessario, anche in forza del richiamo ai «fini sociali» nello stesso articolo.

È vero che il bilanciamento tra gli interessi coinvolti dovrebbe sempre avvenire secondo criteri di proporzionalità e ragionevolezza. Tuttavia, gli ultimi due anni hanno mostrato come tale principio sia suscettibile di essere offuscato nel corso di un’emergenza, specie se il legislatore non fornisce trasparentemente evidenze idonee a comprovarne il rispetto.

In altri termini, l’esperienza dell’emergenza sanitaria potrebbe indurre ad adottare lo stesso metodo per quella che oggi è riconosciuta come emergenza ambientale, imponendo all’attività di impresa vincoli ancora maggiori rispetto a quelli cui essa è sottoposta dalle normative vigenti.

Se nella ripresa economica post pandemia non dovranno esservi strozzature, sarà bene fare attenzione a che la tutela ambientale non assuma una portata “tirannica”, come da ultimo è sembrato avvenire con la salute.

In conclusione, le modifiche alla Costituzione potranno determinare nuovi interventi normativi finalizzati a limitare l’iniziativa privata.

Ci si augura che ne siano valutati gli impatti, a seguito di idoneo bilanciamento tra gli interessi coinvolti, tenendo comunque sempre presente la pronuncia con cui la Corte costituzionale ha affermato che i limiti all’attività economica privata non possono essere «tali da renderne impossibile o estremamente difficile l’esercizio».

© Riproduzione riservata