I recentissimi cambiamenti al vertice della Cassa depositi e prestiti riportano sul tavolo della politica l’interrogativo di sempre: a che serve la Cassa? Si tratta di un fondo sovrano all’italiana? Di una sorta di “croce rossa aziendale” chiamata in aiuto ogni qualvolta un’impresa di stato fallisce? Un metodo surrettizio per mettere fuori bilancio poste pubbliche? Una difesa dei campioni dell’industria nazionale? Un fondamentale volano di sviluppo? Posta al centro del sistema pubblico in pieno periodo di rivalutazione globale del ruolo dello stato in economia, occorre ripensarne completamente il ruolo. Lo sa bene il premier Mario Draghi che ad aprile scorso si è impegnato a ospitare in Italia il prossimo vertice Finance in Common (Fics), il summit delle banche pubbliche di sviluppo e delle istituzioni finanziarie (circa 500 soggetti) allo scopo di rafforzare l’architettura finanziaria internazionale e instradare la finanza globale verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) dell’Agenda 2030 o l’attuazione degli accordi di Parigi sul clima. Si tratta della seconda edizione (la prima si è tenuta a Parigi nel novembre 2020) e su tale tema sensibile Emmanuel Macron e Draghi sono d’accordo: tutto il sistema – pubblico e privato – di banche e fondi deve essere riorientato verso gli obiettivi della sostenibilità. In tale contesto anche lo sviluppo dell’Africa diviene un’opportunità e la cooperazione di modernizza.

Per l’Italia che già presiede il G20, si tratta di una formidabile occasione: mobilitare le istituzioni finanziarie e le banche di sviluppo significa non solo ospitare ma porsi all’origine di una fase nuova della finanza globale. A breve l’Italia lancerà assieme alla Fao la Food Coalition e perciò stesso ha ottenuto che al Fics il tema prioritario sia Agricoltura e food. La connessione tra clima e cibo serve: a contrastare le emissioni globali di gas serra generate dal settore agroalimentare; a connettere inclusione finanziaria e innovazione (da sempre l’agricoltura vive di investimenti future o sopravvive); a sostenere la creazione di nuove opportunità di business (si pensi all’Africa); a sviluppare strumenti di finanza innovativa (finance in common appunto) che supportino la transizione.

L’inclusione finanziaria

Tale iniziativa è pienamente iscritta nel ruolo che la Cdp ha assunto, accanto all’Agenzia (Aics), con la nuova legge sulla cooperazione internazionale, la numero 215 del 2014. Tradizionalmente la Cassa aveva ruolo solo nel settore dei cosiddetti crediti di aiuto, i soft loans di cui amministrava il fondo rotativo di 5 miliardi. Ora invece la Cassa può finanziare selezionati progetti con forme di credito miste; fare blending combinando risorse proprie con quelle di terzi in concessione o a dono (ad esempio fondi di programmi europei); sostenere il settore privato con progetti mirati in aree difficili (Maghreb o Sahel ecc.). Il minimo comun denominatore di tale attività è l’inclusione finanziaria (finance inclusion): cioè la capacità per soggetti fragili – stati poveri, aziende, cooperative ecc. – di essere messi in condizione di finanziarsi sul mercato a condizioni di vantaggio e garantite, di operare in pool con altri o di ricevere doni e prestiti in forma incrociata.

Spesso il vero problema dei grandi investimenti (le continue promesse di “piani Marshall”) necessari per le infrastrutture o per la creazione di settori innovativi nei paesi poveri, è proprio la mancanza di garanzie finanziarie: si continua a presupporre cioè che in quel paese o in quell’area il rischio sia troppo grande e che il gioco non valga la candela. In tal modo si crea il noto circolo vizioso: “desertificazione economica/assenza di investimenti/dipendenza dai doni/corruzione”. Occorre innescare un processo inverso: le garanzie pubbliche e l’intervento incrociato con l’Europa, possono attirare investimenti in quegli stessi paesi, rendendoli attrattivi. Inserendosi a pieno titolo nel settore della finanza sostenibile e inclusiva, la Cdp sta iniziando a giocare una partita nazionale facilitando l’incontro tra imprese italiane e potenziali controparti locali. Si tratta dunque di un sistema win win, in cui anche le imprese italiane dell’agrifood ad esempio, potranno internazionalizzarsi e divenire più forti.

Un nuovo ruolo

La Cassa ha già messo le basi per il suo nuovo ruolo in Tunisia con un investimento di 50 milioni per favorire l’inclusione finanziaria di operatori economici con difficoltà di accesso al sistema bancario formale, ma con potenzialità di sviluppare attività economiche sostenibili. Ha cooperato con francesi e tedeschi nel lanciare un veicolo finanziario green per i paesi Asean, come Indonesia, Laos, Malesia, Thailandia, Vietnam e Filippine. Si inizia con 130 milioni per gli ultimi due paesi, a cui sommare risorse del ministero della Transizione ecologica. Ha avuto successo in America Latina la partnership tra Cdp e la Corporacion Andina de Fomento (Caf), con progetti di contrasto al cambiamento climatico che hanno coinvolto due linee di credito da 100 milioni l’una, per Brasile, Colombia, Messico e Perù. È bene rammentare che non si tratta di doni (a parte piccole frazioni) ma di prestiti e garanzie atti a mettere in moto il circolo virtuoso dello sviluppo attraverso la leva finanziaria.

In tale quadro di azione vi possono essere diverse opzioni di intervento come i prestiti diretti alle imprese, finanziati assieme ad altri partner, incluse le banche commerciali. Oppure prestiti dello stesso tipo a istituzioni finanziarie locali o di micro-finanza che a loro volta finanziano le piccole e piccolissime imprese in loco. Si possono costruire architetture di project finance o di equity che entrino (stabilmente o temporaneamente) nel capitale delle medesime imprese. La creatività in tale settore è in fase di crescita esponenziale. In Ghana ad esempio, la Cassa ha cofinanziato, assieme alla banca africana di sviluppo e a numerose banche commerciali, la società pubblica Ghana Cocoa Board che è il maggiore operatore pubblico del paese nel settore del cacao. Lo scopo è di finanziare otto programmi di sviluppo della filiera del cacao con la creazione di 30.000 posti di lavoro ma soprattutto la promozione di un’attività locale della lavorazione del prodotto. Così si esce dal condizionamento della sola esportazione della materia prima, una vera e propria condanna alla dipendenza per l’economia africana.

Sul piano dell’economia green, la Cassa è anche intervenuta partecipando ai fondi Ego e Regio. Il primo è stato creato dalla Banca mondiale per supportare gli investimenti ad alto impatto ambientale volti al contrasto dei cambiamento climatici, e a favorire lo sviluppo in aree svantaggiate. Il secondo è dedicato al sostegno di progetti di efficientamento energetico e di sviluppo delle rinnovabili. Partecipando ai due fondi – cosa che possono fare anche le imprese italiane – sono state evitate finora circa 400mila tonnellate di Co2 e installate 1.200 Mw di rinnovabili. A tal proposito è bene rammentare che la Cassa è l’unica istituzione finanziaria ad aver ricevuto in Italia l’accreditamento completo dalla Commissione europea e dal Green climate fund. Entrambi mettono a disposizione risorse per iniziative di sviluppo che la Cassa è titolata a gestire in virtù dei suoi accreditamenti.

Un nuovo modo di fare sviluppo

Oggi la Commissione europea è forse l’istituzione che globalmente si è indirizzata di più a nuove forme di finance inclusion, inventando strumenti e veicoli che permettono al settore privato di intervenire in aree svantaggiate, creando così un nuovo modo di fare sviluppo. L’External investment plan (Eip) è la strategia a lungo termine proposta dall’Ue da qualche anno per supportare gli investimenti in Africa e nei paesi del vicinato. Il bilancio dell’Eip è di 5,1 miliardi di euro stanziati, capaci tuttavia di mobilitare investimenti per altri 50 miliardi. In altre parole se l’Ue mette una parte dei finanziamenti, arrivano molti altri soggetti finanziari ad aggiungerne perché si sentono garantiti: è l’effetto leva. L’obiettivo dell’Eip è combattere la povertà come causa radice delle migrazioni; sostenere nuovi posti di lavoro; promuovere finanziamenti sostenibili; attirare investimenti privati; contribuire agli Sdg. Proprio per questo la Cdp sta partecipando all’Eip con tre iniziative innovative in partenariato con altre istituzioni finanziarie e agenzie europee. È ora di dare più impulso a tale attività.

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